Secondo i dati ricavati dalla ricerca europea, realizzata da un consorzio indipendente di esperti, guidati dagli specialisti di CHE Consult di Berlino, insieme con il Brussels Education Service, il Compostela Group of Universities e l’Erasmus Student Network, chi, per una volta nella propria vita, ha vissuto un’esperienza Erasmus, ha maggiori possibilità di inserimento nel mondo del lavoro e, in particolare, possiede una marcia in più per ambire a posizioni lavorative a livello manageriale (31% rispetto al 25% che non ha partecipato al programma Erasmus).
Si diventa Project Manager della propria vita, dal momento che, durante i mesi di permanenza all’estero, si acquisiscono quelle personal skills alla base di un’ottima organizzazione e gestione, oltre a uno spiccato senso di tolleranza, che permette di integrarsi al meglio in ambienti multiculturali e cosmopolita, e, ultima ma non per importanza, insieme a un’attitudine generale verso la comunicazione, ambito da non sottovalutare, se pensiamo all’enorme risorsa in più rappresentata dalla padronanza di una seconda lingua, prima fra tutte l’inglese, sempre richiesto nella corsa all’impiego migliore.
Oggi, il curriculum vitae di una laureato che ha vissuto un’esperienza a livello internazionale e che ha, quindi, avuto la possibilità di rapportarsi con ambienti più o meno diversi rispetto a quello di appartenenza, è, senza dubbio, visto con un occhio di riguardo da quel pignolo impiegato delle risorse umane pronto a scrutarci, alla ricerca di ogni nostra infinitesimale debolezza.
Fiducia, intraprendenza, consapevolezza dei propri punti di forza e, tra le varie competenze, quella di problem solving: sono questi i regali che facciamo a noi stessi al termine di un semestre oltralpe. Si tratta di capacità che ogni candidato ha già, ma che al rientro risultano essere migliorate: se ne registra un aumento fino circa al 42% rispetto agli altri studenti.
Lo studio effettuato, che ha riguardato 34 paesi (Stati membri dell’UE, ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Svizzera, Turchia), nel quale sono state analizzate le risposte di oltre 75 000 studenti ed ex studenti, 55 000 dei quali hanno studiato o si sono formati all’estero, dimostra che il programma di scambio studenti dell’UE migliora le prospettive professionali e la mobilità lavorativa.
Secondo le stime, il 92% dei datori di valori ricerca nel candidato proprio quelle competenze bagaglio Erasmus, quali fiducia in sé stessi, versatilità e capacità di lavorare in team; inoltre, il 64% degli stessi vede di buon occhio il fatto che il futuro dipendente abbia vissuto all’estero per un certo periodo di tempo, e la stessa percentuale ammette di esser propenso ad attribuire maggiori responsabilità al laureato con un’esperienza internazionale alle spalle. Infine, se volgiamo lo sguardo nei confronti dell’altro lato protagonista dell’assunzione, le cifre confermano che il tasso di disoccupazione sia dimezzato per i giovani che studiano all’estero: cinque anni dopo la laurea, esso risulta essere inferiore al 23%.
Erasmus non solo migliora le prospettive professionali a lungo termine, ma amplia anche gli orizzonti degli studenti e la loro rete di relazioni interpersonali, creando un network di respiro internazionale destinato a durare nel tempo.
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