Mentre i genitori della piccola Nicole danno l’ultimo saluto alla neonata si diffondono le registrazioni tra il 118 e la clinica Gibiino, sulle quali ieri il Presidente della commissione Sanità dell’Assemblea regionale siciliana, Pippo Digiacomo era intervenuto così: «Ho ascoltato le conversazioni registrate delle telefonate tra la clinica Gibiino e gli operatori del 118, mi sono sentito male. Sono vomitevoli. Vorrei che i genitori della bambina non ascoltassero mai queste conversazioni, ma purtroppo questo accadrà e immagino il dolore che proveranno. Non pensavo che tutto questo potesse succedere in Sicilia, terra di accoglienza e dal grande cuore».
La prima telefonata era stata effettuata dal pediatra Antonio Di Pasquale, dalla casa di cura Gibiino, al 118 per dare l’allarme. A rispondere è stato l’ “Operatore 81”, un infermiere disposto a chiamare le unità di “intensiva” con un atteggiamento di routine carico di cinismo. Un infermiere che si è accontentato di frasi come “non c’è posto” e “occupati” senza mai far emergere la gravità del caso. Ha anche confuso i numeri di Catania e Ragusa, ha scambiato la richiesta di una incubatrice con quella di una ambulanza. Una serie di errori che si sono rivelati fatali per il destino di una bambina nata da sole poche ore.
Durante il trasporto a Ragusa la bambina è deceduta e lo scambio di battute tra il pedriatra e l’operatore si fa più fitto:
«Se avessimo trovato un posto a Catania, forse questo si sarebbe potuto evitare» e le parole dell’Operatore del 118 risuonano gelide: «Dottore, potrebbe essere. Ma dov’è la nostra colpa? Mi faccia capire… Se è morta, devo disdire il posto a Ragusa?».
Ecco la conversazione completa:
Di Pasquale «Il bambino è gravissimo, intubato».
Operatore 81: «Cannizzaro, Santo Bambino e Garibaldi non c’è posto. Siracusa nemmeno. Solo Ragusa».
Di Pasquale: «È intubato. Una cosa grave. Non può andare a Ragusa. È necessario trovare un posto».
Operatore 118: «Allora! Ho fatto una ricerca, l’unico posto è a Ragusa».
Di Pasquale: «No, non possiamo portarlo a Ragusa un bambino così. Non è possibile, si deve portare a cinque minuti… Bisogna fare una forzatura, sono cose che succedono ogni due anni».
Operatore 81: «Io non lo posso fare».
Di Pasquale: «Va bene…».
Operatore 81: «Se vuole le do il numero di Ragusa…».
Di Pasquale: «No. Allora devo forzare con il Policlinico».
Con qualche collega prova a insistere, ma gli dicono di no. E invece di farla quella «forzatura», Di Pasquale parte per Ragusa con la piccola su una ambulanza privata. E «sbattendo il portellone in faccia a mio figlio», racconta il nonno di Nicole: «Così ci siamo messi in macchina a inseguirli. Un giro “turistico”. Con l’autista che sbagliava strada. Si sono perfino fermati a chiedere informazioni al netturbino di un autocompattatore. Poi, a mezz’ora da Ragusa, l’ambulanza rallenta e chiedo le condizioni della bambina a Di Pasquale: “Gravissima”. E io: che vuol dire gravissima? “È morta”».
All’1.51 il dramma era perfino scivolato nel paradosso degli equivoci. L’Operatore 81 chiama la clinica e sente la voce del medico: «No grazie, abbiamo risolto». Ma Di Pasquale sta parlando con una persona che ha accanto: «Richiama la Croce Verde». L’infermiere del 118, pensando che fosse “risolto” il caso, interrompe la telefonata e chiama Ragusa per annunciare la fine emergenza. Sbaglia però numero. E rifà quello di Di Pasquale: «Dottoressa, grazie. Hanno risolto tutto». E il medico: «Di Pasquale, sono…».
Battute gelide e indifferenti, che lasciano senza parole e con la speranza che i giovani genitori non ascoltino mai questa conversazione.
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