Fusione Alitalia- Etihad, alla luce tutte le metastasi del turismo siciliano

L’effetto della fusione Alitalia-Etihad non è tardato ad arrivare anche in Sicilia. E non sono buone notizie.  

Dal prossimo 1° ottobre AirOne (controllata da Alitalia)  ha deciso non solo di chiudere la propria sede di Catania ma anche di cancellare, secondo il quotidiano La Sicilia,  i «voli diretti per Monaco, Mosca, Berlino, Amsterdam, Parigi, San Pietroburgo, Dusseldorf, Praga. È rimasta Londra, assorbita da Alitalia, ma con una sola cadenza, quella del sabato. Per i nazionali sono stati cancellati Bologna, Torino, Venezia, Verona. C’è ancora il Pisa assorbito da Alitalia. Restano Roma e Milano operati da Alitalia. Lo stesso discorso in parallelo vale per l’aeroporto palermitano di Punta Raisi» .

Oltre al rischio di 40 posti di lavoro, questa strategia della nuova dirigenza di Alitalia-Etihad è il chiaro sintomo che qualcosa non va: perché abbandonare una sede così importante e attiva come quella di Catania lasciando carta bianca al mercato del low-cost a compagnie straniere come Ryanair? Semplice razionalizzazione dei costi , ma non solo. Se le istituzioni sono in silenzio , i dati sul turismo siciliano purtroppo sono alla portata di tutti.

La Sicilia, infatti, nonostante abbia sei siti Unesco che rappresentano quasi un ottavo del patrimonio nazionale, raccoglie un trentunesimo dei soldi del turismo straniero. Peraltro siamo tutti a conoscenza dello stato pietoso delle linee di comunicazione del meridione: come arrivare in Sicilia se non in aereo? Chi può essere tanto folle da fare una tratta Roma-Catania col treno? Magra consolazione, chi va in macchina dopo aver superato la temutissima Salerno-Reggio Calabria , può trovare ristoro con il proprio mezzo direttamente sulla battigia.

Mentre in Italia da anni si discute sul Tav in Val di Susa,  noi siciliani dobbiamo fare i conti ancora col monobinario e col silenzio dei nostri rappresentanti politici: Crocetta è impegnato col le solite beghe di partito, Bianco è a Istanbul , il sindaco di Palermo Orlando assente ingiustificato. Morale della favola: 40 posti di lavoro in meno e la consapevolezza che nemmeno il fantomatico e improbabile ponte di Messina potrà colmare il gap col “continente”.

L’incapacità della Sicilia e  del Meridione di captare il turismo estero, settore in forte ascesa in tutto il mondo, è disarmante: basti pensare che le Isole Baleari da sole hanno 11 volte più turisti di tutta la Sicilia.  Eppure le spiagge siciliane non hanno nulla da invidiare a quelle delle isole spagnole, anzi:  Formentera, Ibiza e Maiorca non possono vantare una storia plurimillenaria come quella siciliana, un patrimonio artistico ed archeologico, che ha al suo interno Taormina e Palermo, Catania e Siracusa, Segesta e Selinunte, il Val di Noto e l’Etna. Se non fosse per la nostra innata vanità, più forte della nostra miseria, noi siciliani dovremmo invidiare piuttosto gli spagnoli e il loro modello di business.

Dove sta allora l’inghippo? Una soluzione, tanto semplice quanto efficace, e per così dire “scientifica”, di questo enigma, viene data da Mariano Maugeri del Sole24Ore : «La Sicilia è ribattezzata dagli economisti della Fondazione Curella “l’isola del tesoro”. I pessimi risultati turistici sono  la traduzione aritmetica dei voli settimanali tra la Germania, le isole Baleari e la Sicilia, che da sola certifica l’arretratezza strutturale dell’isola. Basta leggere i dati della settimana dal 16 al 22 luglio 2012 (anche se la data risale a 2 anni fa, i valori sostanzialmente non sono cambiati) : voli low cost Germania- Spagna 522, di cui 223 diretti alle Baleari. Voli low cost Germania-Italia 260, di cui solo 17 con destinazione Sicilia. Se pure qui si usasse la metafora calcistica, il risultato sarebbe impietoso: Ibiza, Maiorca, Minorca e Formentera battono la più grande isola italiana per 223 a 17. Uno scarto che non ammette repliche, e che dovrebbe spingere a ripensare alla radice il modello siciliano».

 

Daniele Greco

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