Siracusa 2014: teatro antico e mondo moderno

Si apre con l’Orestea di Eschilo e con Le Vespe di Aristofane il L Ciclo di Rappresentazioni Classiche al Teatro greco di Siracusa, nel centenario della Fondazione dell’INDA: era il 16 aprile 1914 quando il Conte Mario Tommaso Gargallo, supportato da antichisti del calibro di Paolo Orsi ed Ettore Romagnoli, riuscì nell’impresa di fare rivivere sulla scena del teatro ieroniano di Siracusa proprio la trilogia eschilea, l’unica trilogia completa rimastaci. Una scelta nel segno di una profonda continuità con il mondo classico e con la dimensione rituale della tragedia greca: l’Orestea – con cui Eschilo ottenne la vittoria in occasione delle Dionisie nel 458 a. C. – è forse l’opera nella quale emerge con maggiore evidenza il carattere sacrale della tragedia greca, l’opera del πάθειμάθος, la linea di confine tra l’universo arcaico, dominato dalle ancestrali leggi matriarcali, e quello classico che vede l’affermazione del sistema democratico ateniese e del diritto di carattere patriarcale

Il portale maestoso della reggia degli Atridi a dominare la scena, il tetto della reggia sulla sinistra, la scena inondata di sabbia dorata: è questa la scenografia, essenziale nelle sue forme, scelta da Arnaldo Pomodoro per Agamennone, la prima delle tragedie della trilogia. Sulle note delle musiche di Antonio Di Pofi, il coro, entrato in scena, rievoca le tappe principali della decennale guerra di Troia: una celebrazione del trionfo di Agamennone, venata, tuttavia, da oscuri e inquietanti presagi che si manifestano in tutta la loro forza nel ricordo del sacrificio di Ifigenia a opera del padre. A questo punto s’inserisce quello che sarà il leitmotiv musicale dell’intera tragedia: una voce verginale, candida, la voce di Ifigenia che «già tante volte nelle sale dalle tavole bene allestite del padre aveva cantato, e con voce pura di vergine, amorevolmente, per l’amato padre, aveva intonato alla terza libagione il peana di buon augurio».

Entra in scena Clitemnestra, interpretata da una straordinaria Elisabetta Pozzi (interprete del medesimo personaggio anche in Coefore/Eumenidi): la recitazione sostenuta e ritmata -sembra quasi di sentire il testo greco scandito metricamente – conferisce alla rappresentazione un carattere solenne e incredibilmente vicino all’opera originale, oltre a essere convincente e a portare sulla scena magnificamente il dramma della Tindaride.

Intensa e ispirata anche l’interpretazione di Cassandra, della quale l’attrice Giovanna Di Rauso riesce a rendere magistralmente la condizione di invasamento a opera di Apollo. A conclusione della tragedia, le parole di Clitemnestra a Egisto: «Io e te, ormai padroni di questa reggia, sistemeremo per bene ogni cosa» gettano una luce sinistra sugli avvenimenti futuri e creano un clima di sospensione che prepara agli eventi della tragedia successiva.

Anch’essa ambientata di fronte alla reggia degli Atridi, la scenografia di Coefore/Eumenidi è occupata dalla tomba di Agamennone, collocata in posizione centrale, presso la quale si reca Elettra accompagnata dalle “portatrici di libagioni”, che danno il titolo a questa seconda tragedia della trilogia. Dopo la scena dell’ἀναγνώρισιςtra Elettra e Oreste, ha inizio la preghiera dei due fratelli al padre Agamennone: scandita da un crescendo musicale e accompagnata dai lamenti delle Coefore,  ha luogo una scena ricca di pathos e di tensione solenne.

Si aprono le porte maestose della reggia e – davanti a Oreste camuffato da viandante – fa la sua comparsa colei che è diventata l’unica regina della dimora di Agamennone, Clitemnestra: ancora una volta l’attrice interpreta magistralmente il conflitto interiore della madre di fronte alla notizia della morte del figlio.

Degna di nota, seppur confinata a una breve apparizione, l’interpretazione di Cilissa, la nutrice di Oreste, impersonata da Antonietta Carbonetti.

Dopo la drammatica uccisione della madre a opera di Oreste, entra in scena il coro delle Erinni, mentre, attraverso un sapiente gioco di luci, si ha un trapasso senza rotture dalla scenografia delle Coefore a quella delle Eumenidi, ambientata inizialmente presso il santuario di Apollo a Delfi. È nella seconda parte delle Coefore, ambientata ad Atene e impreziosita dalla straordinaria partecipazione di Piera Degli Esposti nel ruolo di Atena, che si trova il fulcro della tragedia: l’assoluzione di Oreste grazie al voto della dea e l’istituzione della democrazia ateniese. Attraverso una suggestiva coreografia è rappresentata la trasformazione delle Erinni in divinità benevole, mentre un grande sole dorato che si innalza gradualmente accompagna le parole di Atena e si staglia a suggello della scena finale, che simboleggia il trionfo dell’elemento razionale sul diritto più antico, rappresentato da Clitemnestra e dalle Erinni.

Particolarmente efficace, infine, la scenografia delle Vespe: in questo caso Arnaldo Pomodoro ha scelto una struttura che rappresenta un alveare, la sede ideale dei personaggi del coro, mentre al centro della scena ha collocato la dimora di Filocleone e Bdelicleone. Alcune scelte del regista Mauro Avogadro sono state evidentemente volte all’attualizzazione di taluni aspetti della commedia, allo scopo di rendere quel legame con la contemporaneità che costituisce uno degli aspetti peculiari della commedia antica: indubbiamente ne sono risultati sacrificati alcuni riferimenti a elementi storici e socio-culturali dell’Atene di V secolo, a vantaggio di una comicità più immediata e facilmente comprensibile. Esilarante l’interpretazione del protagonista Filocleone da parte di Antonello Fassari, e originale l’apporto musicale dato dalla Banda Osiris.

Federica Grasso

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