Il 21 aprile, in seguito alla convocazione da parte del rettore Giacomo Pignataro del Consiglio di amministrazione, è stata approvata la sospensione fino al 16 maggio del direttore generale Lucio Maggio, considerato uomo di fiducia dell’ex magnifico Antonino Recca. La durata della sospensione sarà di circa un mese, durante il quale sarà definita la revoca dell’incarico.
L’avvio di tale procedimento era stato deliberato dal Cda nella seduta del 28 marzo scorso a causa di «fatti e comportamenti tenuti dal Direttore generale che hanno destato viva preoccupazione nel Consiglio stesso», riguardanti in particolar modo la proroga della durata del contratto di lavoro a tempo indeterminato di due dirigenti, proroga ritenuta illegittima dall’Avvocatura dello Stato. I provvedimenti amministrativi successivi alla delibera della seduta di marzo, adottati dal direttore Maggio, hanno dimostrato una «persistente contrapposizione da parte del Direttore rispetto al deliberato del Cda ».
Nella sua difesa Maggio ha sottolineato che le competenze del rettore e del direttore generale sono differenti e non prevedono la sudditanza del secondo al primo. La decisione finale giunta dal Cda era la seguente : «Il Consiglio richiama il direttore generale a tenere, in futuro, comportamenti rispettosi dei ruoli propri di ciascuno degli organi di governo dell’ateneo, al fine di garantire un regolare e corretto svolgimento delle relazioni istituzionali».
Ad incrinare ulteriormente la posizione di Maggio e ad accelerare il procedimento di sospensione è stato il parere espresso dall’Avvocatura di Stato sulla riforma attuata nel 2009 da Recca. «L’università di Catania è l’unico ateneo in Italia che ha ritenuto di poter conferire a dirigenti interni di ruolo di seconda fascia incarichi dirigenziali di livello generale», questo il giudizio dei legali, condiviso anche dai vertici del Ministero dell’ Istruzione. Infatti, secondo le linee guida stabilite dal Ministero dell’Economia, gli atenei non possono avere dirigenti di prima fascia, ma solo di seconda. Una riforma, quella che ha portato alla nomina di cinque dirigenti di primo livello, condotta in violazione della legge sulla Pubblica amministrazione. Il contratto di Lucio Maggio non è tra quelli incriminati, ma in qualità di Direttore è chiamato in causa.
Maggio, già noto per le polemiche circa il suo contratto blindato che gli frutta oltre 196 mila euro lordi all’anno, si è ritenuto vittima di un provvedimento grave e il 4 aprile ha denunciato al tribunale del lavoro etneo l’intero ente universitario. Ad essere coinvolti sono tutti i partecipanti alla seduta, facendo eccezione per coloro che si sono opposti alla mozione (Febronia Elia, Enrico Iachello e Maria Antonietta Tosca). La difesa del direttore generale Maggio è rappresentata dagli avvocati Raffaele De Luca Tamajo, Vincenzo Laudani e Concetto Ferrarotto.
Lucio Maggio non ha alcuna intenzione di sottintendere ad una decisione che proviene da “un organo paritario” ed afferma: «Il Cda non è il mio datore di lavoro e per questo continuerò ad esercitare le mie funzioni finché non ci sarà un provvedimento giudiziale» ed ha inviato una nota al Collegio dei Revisori per pronunciarsi sul provvedimento, da lui definito abnorme e illegittimo, avvenuto alla base di un parere dell’Avvocatura dello Stato su richiesta del Rettore.
Inoltre il direttore generale afferma di aver deciso di continuare ad : «esercitare le funzioni affidatemi dalla normativa vigente, in attesa delle determinazioni che codesto Collegio vorrà adottare nell’esercizio delle prerogative allo stesso riconosciute dal decreto legislativo 123/2011. Prerogative che il Collegio ha già esercitato in altre occasioni, ad esempio allorquando si è invocato l’intervento di codesto Collegio al fine di fornire autorevole pronunciamento circa la conformità alle norme di legge dell’incarico generale al sottoscritto conferito».
Non rimangono indifferenti alcuni professori dell’Ateneo che esponendosi in prima persona hanno comunicato le proprie dimissioni dal sindacato a favore della correttezza e della sensibilità mostrata dal Magnifico nei confronti di tutti gli iscritti al sindacato.
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