A quasi un anno dall’omicidio della giovane Stefania Noce, per ricordare.
Una ogni due giorni. E’ questo il numero di donne, approssimativo, per difetto e non per eccesso, vittime di femminicidio dal 27 dicembre 2011, data in cui, ad annoverarsi in questa lista nera, ci fu il nome di Stefania Noce. Quel giorno una giovane donna di quasi 24 anni fu brutalmente uccisa a coltellate dopo lunga premeditazione da Loris Gagliano, che pure diceva d’amarla. Insieme a lei, colpevole soltanto d’aver voluto difendere sua nipote, morì anche il nonno, Paolo Miano. Sette coltellate inflitte a ciascuno. Stefania era figlia, nipote, amica. Voleva scrivere e cambiare il mondo, era un’idealista. Stefania, non è riuscita a cambiare il mondo. Non ne ha avuto il tempo. Sarà ingenuo dirlo, ma c’è chi sperava potesse cambiare qualcosa con la sua scomparsa. Si sarebbe persino potuto sperare che con una batosta del genere nelle coscienze di tutti, di chi l’ha conosciuta e di chi invece no, per qualche fortuito miracolo terreno o extraterreno, la gente avrebbe smesso di trucidare donne. Almeno per un poco. In sua memoria. Per rispetto. Invece no. Non c’è stata alcuna sospensione del tempo, nessuna riflessione abbastanza forte o risonante da interrompere quest’assurdo massacro perpetuo e senza tregua. Dopo Stefania, ben centosette donne hanno fatto la stessa misera fine.
E’ passato quasi un anno da quella batosta. La follia non è mai cessata. Probabilmente, non cesserà mai. Per loro, per tutte quelle donne stroncate senza un valido motivo (come se ci fosse mai un valido motivo per interrompere una vita), domani, giovedì 29 novembre 2012, si terrà il Convegno “Stefania & le altre donne” – L’insostenibile pesantezza dei femminicidi. Avrà luogo nell’ex convento di S. Benedetto e S. Chiara del comune che ha fatto da palcoscenico alla strage, Licodia Eubea, promosso dall’amministrazione comunale, a partire dalle ore 16:00.
Prenderanno parte al dibattito, coordinato da Pina Ferraro – assistente sociale e consulente di parte famiglia Noce/Miano – anche il cantautore Franco Battiato – neo assessore allo Spettacolo – e l’attrice teatrale Lucia Sardo.
Interverranno Giovanni Verga – sindaco di Licodia Eubea, Giovanna Guarnaccia – assessore alle Pari Opportunità di Licodia Eubea, Sebastiano Greco – assessore alla Famiglia e alle Politiche sociali di Licodia Eubea, Rita Palidda – docente di Sociologia Economica della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Catania – , Margherita Carlini – psicologa clinica e criminologa forense -, Loredana Piazza – presidente associazione “Thamaia Onlus Catania” -, e la giornalista Serena Maiorana.
“Dai dati Istat sul fenomeno della violenza, nonché dalle risultanze di numerose ricerche realizzate in Italia si rileva, con estrema chiarezza, che la violenza di genere contro le donne è un fenomeno trasversale, frutto del diseguale potere che ancora oggi esiste nel rapporto uomo-donna.”, questo dichiara il sindaco Giovanni Verga nella locandina dell’evento. Che sia una violenza di genere? Un mero atto di forza volto a imprimere il proprio diritto di proprietà su un essere umano di sesso femminile come fosse marchiare una vacca da macello? Certo è che di “delitti passionali”, quell’odiosa definizione riduttiva tanto gettonata da quotidiani e telegiornali per fare audience, non si tratta affatto. Perché non è dall’amore che donne come Stefania sono state uccise. L’amore non accoltella, non strangola, non spara. L’amore non lascia lividi, ecchimosi da giustificare al pronto soccorso con un “sono caduta, ho sbattuto”, vecchio quanto il mondo. L’amore, non è smania di possesso. E’ l’odio che fa i numeri, le vittime.
Nel caso dei femminicidi, l’odio generato dall’ignoranza e dalla follia, entrambe figlie di una concezione culturale bigotta e retrograda che pone la donna sullo stesso piano di un oggetto da esposizione, una sforna bambini, buona solo se angelo del focolare, zitta, al suo posto. Senza pretese. Senza voce in capitolo.
“Nessuna donna può essere proprietà oppure ostaggio di un uomo, di uno Stato, né, tanto meno, di una religione”, scriveva Stefania. Un taciturno, un introverso, un pazzoide inquietante che l’ha allontanata dagli amici e dalla famiglia, isolandola dal resto del mondo per poterla finire in santa pace; uno che non usciva mai di casa se non con almeno un paio di coltellacci e manganelli d’appresso. Così lo definiscono, coloro che hanno conosciuto Loris Gagliano, l’omicida. Il mostro. Ed oggi come allora, ci si chiede: era una tragedia annunciata? Era evitabile che Stefania morisse in questo modo? Istituzioni, forze dell’ordine e società in genere, avrebbero potuto fare qualcosa per allontanare un tale soggetto dal gesto insano che avrebbe compiuto? E quante volte si poteva intervenire, per altre donne, e non lo si è fatto? Domande sterili, inutili col senno del poi, salvo che non ci s’interroghi su quello che è ancora plasmabile: il presente ed il futuro. Quante altre volte ancora dovrà accadere che si ignori una denuncia, che non si effettui una perquisizione per “mancanza di prove”? Quante altre Stefania Noce vogliamo leggere sui giornali? Venerdì 30 novembre, il processo di Gagliano a Siracusa. Tenterà la strada dell’infermità mentale, sulla scia di molti altri “veterani” che l’hanno percorsa con successo infinocchiando le leggi e il sistema? A voi, e non ai posteri, l’ardua sentenza. A voi, il compito di interrogarsi a priori e non a posteriori, su cosa ogni singolo, uomo o donna, possa fare per impedire che il massacro di donne da parte di uomini, amanti, ex fidanzati, padri, continui.
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