Non è più possibile ignorare l’esigenza di migliorare scuole e università, cadute in un degrado senza precedenti, e fingere che cultura, istruzione e giovani non siano l’unica garanzia possibile per il futuro. Ad essere oggetto di dibattito, sul tavolo, mercoledì, sarà il “PACCHETTO MERITO”. Dopo ben tre bozze, una quantità di articoli cresciuta da 15 a 25, mettere a tacere le critiche incalzanti di partiti, almeno su questo “uniti”, Cgil, studenti, associazioni varie, sarà un’ardua impresa per il ministro Francesco Profumo. “Questa riforma ce la chiede l’Europa della cultura e del lavoro”, ha dichiarato. Che, finalmente, qualcuno ai vertici abbia compreso il nesso inscindibile tra le due realtà, quella dell’istruzione e il mondo del lavoro? Di riforme in tal senso se ne sente la necessità eccome, specie in un mercato sempre più americanizzato, sempre più competitivo ed esigente. Un mercato da cui l’Italia tiene da troppo tempo in disparte. Bisogna però vedere ora che genere di riforma verrà attuata nel “Decreto Merito”, tenuto a mantenere i suoi propositi: “la scuola italiana e le università promuovono l’eccellenza della ricerca, l’efficienza e l’efficacia della didattica come strumento di trasmissione del sapere”. Iniziamo dagli albori:
1. Le scuole superiori: in stile americano andante, dal prossimo anno accademico verrà insignito del titolo di “studente dell’anno” uno studente modello per ogni istituto, che avrà raggiunto i risultati più alti alla maturità, a partire da 100, includendo la media degli ultimi tre anni, l’impegno sociale e il reddito familiare. Aperta dunque la sfida tra “secchioni”, a discapito, finalmente, di nullafacenti e figli di papà. In palio, oltre all’onorificenza, dal 30% in meno di tasse da pagare al primo anno di università, più un’ulteriore borsa di studio, sconti per mezzi di trasporto e musei con la card “Iomerito”. Incentivate le Olimpiadi per materie scolastiche, internazionali e nazionali, sette le materie da ottobre. Durante l’anno scolastico, i primi tre posti delle Olimpiadi nazionali verranno iscritti a “master class” estivi nella relativa disciplina, gratis.
2. Le università: Medicina e Architettura restano a numero chiuso e per tutte le facoltà le matricole dovranno affrontare il “test diagnostico”. Lo scopo è quello di fare una selezione preventiva ed evitare che uno studente su cinque abbandoni l’università dopo il primo anno, come accade adesso. Aggiunti premi per docenti e ricercatori, non più del 20% però, assegnati in base ad una “valutazione pregevole della loro didattica”, secondo i criteri del regolamento di ateneo. L’obiettivo qui è scoraggiare l’assenteismo dei professori, divenuto ormai insostenibile per tutti gli studenti, specialmente quelli pendolari, che organizzano il proprio tempo e il proprio impegno in base ad orari di lezioni ed esami che spesso e continuo non vengono rispettati. 100 ore di didattica frontale ogni stagione per i professori a tempo pieno, 80 ore per chi è a tempo definito. Inoltre, nascono le figure dei “migliori laureati” e dei “migliori dottorati”, anche nei conservatori e nelle accademie nazionali, rilanciando le sottovalutate arti e musica. Udite udite, per quei rarissimi studenti prodigio che hanno ottenuto i crediti formativi universitari previsti con media non inferiore a 28/30, c’è una buona nuova: possono sostenere l’esame di laurea con un anno di anticipo e darsi una mossa. Certo, sarà una percentuale praticamente pari a zero, considerando il nostro “problemuccio locale”, ovvero la mancanza di appelli disponibili per gli studenti in corso… ma qualcuno ci arriva, così dicono.
Agevolazioni anche per gli studenti dei dottorati di ricerca, che possono diplomarsi con un anno di anticipo, se il collegio dei docenti lo valuterà opportuno. Possibile l’iscrizione in due università di pari livello (due triennali, due specialistiche, due master). Ed infine, finanziamenti previsti esclusivamente per gli atenei che assumeranno gli insegnanti migliori, scelti da una commissione con quattro commissari su cinque esterni (uno sarà straniero). Encomiabile iniziativa, che eviterebbe in futuro, forse, la presenza dei tanti docenti impreparati ed incompetenti che affollano sia istituti superiori che aule universitarie, guastando intere generazioni. Eppure l’inserimento di nuovi docenti capaci e colti mal si amalgama con l’età pensionabile innalzata che impedisce a venerandi che han fatto il loro tempo di abbandonare le proprie poltrone e lasciare spazio ai giovani.
3. Il lavoro: il 5% dei laureati migliori verrà inserito in una corsia privilegiata verso il mondo lavorativo grazie all’elenco fornito dagli Atenei, pubblicato sul sito del Ministero dell’Istruzione, e incentivi fiscali applicati ai datori di lavoro per due stagioni, con una riduzione del 30% sulle tasse reddituali se assumono a tempo indeterminato entro tre anni dalla laurea, incoraggiando così un inserimento nel lavoro che sia più stabile e meno precario. Le aziende potranno consultare il “portfolio” dello studente che conterrà referenze come conoscenza delle lingue straniere, competenze musicali e informatiche, esperienze di associazionismo, volontariato e sport. Le università migliori aderiranno a un’organizzazione internazionale del baccellierato, rete di istituti d’eccellenza, chissà, magari un tentativo di dare prestigio a livello internazionale alle università italiane, così carenti. A tal proposito, passiamo al punto successivo.
4. Gli incentivi: dal primo anno delle superiori verranno applicati i metodi linguistici Clil (immersione linguistica). Verrebbe da dire “era ora!”. Fa riflettere, però, che queste nuove metodologie non vengano inserite fin dalle elementari. Dopotutto, ammettiamolo, è ridicolo che i giovani italiani studino inglese per ben 13 anni, tra elementari, medie e superiori, e siano statisticamente per la maggior parte relegati al livello di “tiù is megli che uàn”, incapaci persino di pronunciare due frasi di fila per dare un’indicazione stradale ad un turista! Incentivi verranno forniti anche allo scopo di internazionalizzare gli Atenei e attrarre luminari dall’estero favorendo pubblicazioni in inglese. I convitti nazionali e gli educandati verranno rinominati collegi italiani internazionali, aperti sia alla semiresidenzialità dei periodi estivi, che alla residenzialità fissa. Infine, le università e gli istituti superiori di insegnamento a livello universitario aventi sede nel territorio di Stati esteri, e là riconosciuti come enti senza scopo di lucro, potranno insediare proprie filiazioni in Italia.
Unica questione irrisolta è il come verranno finanziate tali iniziative, considerato che il governo tecnico pretende che l’intera riforma venga effettuata a costo zero. Verranno forse utilizzati gli 87 milioni oggi destinati all’autonomia scolastica e alla didattica? O, per ottenere servizi che ci sarebbero dovuti, tanto per cambiare, le tasse subiranno un’ulteriore, insostenibile, impennata?
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