Dal 15 marzo i cittadini dell’Ue potrebbero perdere la possibilità di lavorare a Londra, i cui cancelli si stanno lentamente chiudendo dopo la Brexit. Sembra che questa data sia stata scelta da Theresa May, che starebbe iniziando i negoziati per l’allontanamento da Bruxelles. Questo si potrebbe tradurre in un duro colpo per quanti, anche in Italia, sperano di trasferirsi a Londra per trovare lavoro e per sfuggire alla tanto precaria situazione del nostro paese.
Quali sono le speranze dei nostri giovani? Quali sono le motivazioni che spingono un giovane a trasferirsi a Londra a cercare fortuna? Abbiamo intervistato Chiara Di Masi, 24 anni, originaria di Caltagirone. “Dopo il diploma avevo davanti a me due scelte” esordisce Chiara, “O continuare gli studi, regalando soldi allo stato e possibilmente ritrovandomi disoccupata dopo la laurea, oppure scappare da un paese che non mi offre nulla, da una città che non mi offre nulla e scoprire nuovi mondi e nuovi orizzonti“.
Chiara ha lavorato a Londra per un anno e otto mesi. Certo, le difficoltà – soprattutto all’inizio – non si sono fatte attendere: “Inizialmente, a causa del fatto che non conoscevo perfettamente l’inglese, ho dovuto appoggiarmi ad attività di ristorazione italiane. Ma paradossalmente proprio i datori di lavoro italiani, dai quali ci si aspetterebbe aiuto, si approfittano del tuo disorientamento e della tua poca esperienza, sfruttando i lavoratori“. Davanti ad una Londra come paese dei sogni e delle speranze di molti giovani, Chiara replica pertanto “Non è tutto oro quel che luccica. Gli stipendi, soprattutto quelli dei primi periodi, bastano a stento a rientrare nelle spese del cibo e della casa, la quale richiede minimo 100-120 sterline a settimana. A questa spesa bisogna aggiungere l’abbonamento Oyster di 35 sterline a settimana, necessario per muoversi con mezzi come la metropolitana e gli autobus“.
Abbiamo inoltre chiesto a Chiara come si fa a trovare lavoro a Londra. “A Londra tutto parte dalla lingua” ha avvertito, “Se si ha una buona base linguistica si trova lavoro facilmente, altrimenti tutto risulta più complicato. L’errore più comune che si fa quando si esce dal proprio paese è di cercare i propri simili, di vedersi e uscire con gli italiani, ma questo non aiuta a imparare una nuova lingua. Io sono uscita con le mie colleghe inglesi, chiacchierando magari davanti ad una birra al pub, ho letto giornali e ho imparato a conversare tranquillamente. Ad ogni modo, quando si arriva a Londra i numerosissimi JOB CENTER rilasciano il NYN, un documento che permette poi di ricevere in banca una carta su cui accrediteranno lo stipendio. Fatto ciò, trovare lavoro non è difficile, anche perché gli inglesi si basano molto sulle capacità delle persone, non richiedendo nemmeno la foto sul CV“. Dopo il lavoro nei ristoranti italiani, lavoro che l’ha profondamente delusa, Chiara ha iniziato la sua vera vita da londinese a Camden Town, dove ha trovato lavoro in un punto di attrazione turistica, in cui le persone potevano farsi delle foto avendo indossato costumi molto caratteristici. “I lavoratori a Londra però devono assumersi le loro responsabilità ed essere lavoratori modello” sottolinea Chiara, “Infatti bastano pochi ritardi a lavoro, anche di pochissimi minuti, causati magari da un guasto alla metro, e si viene subito licenziati”.
Chiara ha conosciuto anche il lato oscuro della capitale inglese, un lato che comprende moltissimi homeless accampati alla meglio in freddi angoli delle strade ed extracomunitari che nei quartieri più isolati arrivano perfino a disturbare le proprie passeggiate. Quando le abbiamo chiesto cosa l’avesse spinta a tornare a Caltagirone, dove adesso lavora in un locale di ristorazione, Chiara ha risposto che le mancava la sua terra e il sole che lì è quasi sempre coperto dal maltempo: “Dopo quasi due anni, avevo bisogno di un po’ di estate” afferma, “Tornerei volentieri in Inghilterra, se sarà possibile anche dopo l’ufficializzazione della Brexit, ma non andrei a Londra. Questa città è quasi un’altra dimensione, un altro mondo, troppo caotica e disorientante. Andrei volentieri in un paesino più piccolo, magari in prossimità della costa, dove la vita è meno cara e dove è possibile avere un po’ più di sole“. Nonostante i lati oscuri di Londra, emersi durante la nostra conversazione, Chiara consiglia volentieri questa esperienza, in quanto apre gli occhi alle persone che la affrontano, mettendole a contatto con diverse culture e mondi diversi dal nostro.
La Brexit sbarrerà esperienze di questo tipo, chiudendo gli orizzonti che Chiara si è vista aperti per quasi due anni. Probabilmente tutti avrebbero bisogno di questa tipologia di esperienza. Se è vero che dal 15 marzo Theresa May ufficializzerà la Brexit, allora converrebbe che chi nutrisse il sogno di trasferirsi a Londra per lavorarvi e per vivere un’esperienza pari a quella che vi abbiamo raccontato, si trasferisca ora in quel Paese, in quanto allo scadere del tempo verranno bloccati i cittadini dell’Ue che tenteranno di andare a Londra per lavorare, ma non accadrà nulla a chi si troverà già lì.
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