
Il semestre filtro per l’accesso a Medicina, pur proponendosi come alternativa più equa e meno stressante al tradizionale test nazionale, è finito col trasformarsi in un caso nazionale. Nei giorni scorsi sono state rivelate numerose irregolarità verificatesi durante il primo appello del 20 novembre 2025 nelle diverse sedi italiane in cui si è svolto il test, minando la credibilità dell’intero processo selettivo. Mentre studenti e famiglie denunciano una prova vissuta in condizioni impari, prende forma il ricorso collettivo al TAR Lazio, guidato dall’avv. Giacomo Romano: uno strumento che punta a ristabilire legalità, trasparenza e parità di trattamento.
Il semestre filtro era stato presentato come una selezione più graduale, serena e meritocratica rispetto all’ormai tradizionale test d’ingresso. Tuttavia, il racconto che emerge dalle testimonianze degli studenti mostra tutt’altro scenario. Nelle aule d’Italia durante la prova che ha visto impegnati migliaia di studenti, si sono verificate irregolarità di ogni tipo: telefoni attivi e squillanti, smartwatch utilizzati liberamente, candidati che parlavano e si scambiavano suggerimenti, compiti consegnati quando il tempo ufficiale non era ancora scaduto e perfino un walkie-talkie nascosto sotto una sciarpa. Ancor più grave, foto e video dei quesiti sono stati pubblicati online mentre l’esame era ancora in corso, consentendo ad alcuni candidati di ricevere risposte dall’esterno o consultare strumenti di intelligenza artificiale. In questo contesto, chi ha rispettato le regole si è trovato nettamente svantaggiato rispetto a chi ha violato le direttive e falsato gli esiti del test.
L’uso di dispositivi elettronici, vietati dal regolamento, ha reso quindi impossibile garantire un confronto leale tra i candidati. Chi ha potuto consultare chat, AI o aiuti esterni ha ottenuto un vantaggio concreto e difficilmente individuabile a posteriori. Non sorprende, quindi, che molti considerino l’intera prova irrimediabilmente compromessa. La posizione del Ministro Bernini e della CRUI, ossia colpire solo i singoli responsabili, appare a studenti, famiglie e giuristi non solo inefficace, ma anche inapplicabile: è impossibile identificare ogni trasgressore, recuperare tutte le chat o dimostrare il vantaggio ottenuto da ciascun candidato. Il rischio, come sottolineano in molti, è quello di una graduatoria già distorta, che rischia per assurdo di premiare chi ha violato le regole e penalizzare chi invece si è comportato correttamente.
Di fronte a una selezione inaccettabile e percepita come ingiusta e falsata, l’avv. Giacomo Romano ha avviato un ricorso collettivo al TAR Lazio con un obiettivo preciso: ottenere l’annullamento della prova e la sua ripetizione in condizioni realmente imparziali. Il ricorso nasce per dare voce a tutti quegli studenti che hanno rispettato le regole, raccogliere testimonianze dirette delle irregolarità e contestare un sistema che, così com’è, rischia di determinare il futuro accademico di migliaia di giovani sulla base di comportamenti scorretti.
Per questo motivo sono state aperte le preadesioni al ricorso, gratuite e non vincolanti: un passaggio fondamentale per mappare le sedi più problematiche, consolidare le prove e dimostrare al TAR la porta di estensione nazionale delle violazioni. Per partecipare alla fase di preadesione basta inviare una e-mail all’indirizzo info@salvisjuribus.it con oggetto “Pre-adesione Ricorso Collettivo Medicina 2025-2026”. Un primo passo indispensabile per costruire un’azione collettiva forte, credibile e realmente a tutela dei diritti degli studenti.
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