
Giornata Mondiale AIDS 2025: un appello alle nuove generazioni tra dati, prevenzione e cultura; Il 1° dicembre 2025 non è solo una data sul calendario: è una chiamata collettiva alla responsabilità. La Giornata Mondiale per la Lotta all’AIDS torna con il claim “Rethink. Rebuild. Rise”, un invito potente rivolto soprattutto alle nuove generazioni, che oggi rappresentano una delle fasce più vulnerabili nella trasmissione del virus HIV.
Fra iniziative istituzionali, analisi epidemiologiche aggiornate e narrazioni culturali che continuano a parlare alle coscienze, l’Italia si prepara a riflettere senza ipocrisie sulla realtà dell’HIV nel 2025.
Quest’anno, l’Italia mette in scena una celebrazione visiva dal forte impatto sociale. A Roma, Porta Flaminia in Piazza del Popolo diventerà un gigantesco schermo urbano: un video mapping di cinque minuti e mezzo che, attraverso luci e animazioni, racconterà l’impegno delle istituzioni nella lotta al virus.
Non è solo un gesto estetico: è un modo per riportare l’HIV al centro del dibattito pubblico, ricordando che prevenzione e informazione passano anche da linguaggi visivi capaci di coinvolgere chi spesso percepisce il tema come “lontano”.
Parallelamente, il convegno scientifico “Rethink. Rebuild. Rise” all’Istituto Spallanzani si concentra su ciò che conta davvero: la presentazione del nuovo Piano Nazionale HIV/Epatiti/IST, che ridisegnerà le strategie italiane per la diagnosi precoce, l’accesso alla PrEP, la lotta allo stigma e la protezione delle fasce più esposte.
Perché la lotta all’AIDS non è solo medicina: è cultura sanitaria, educazione emotiva, responsabilità collettiva.
Il Notiziario Istisan pubblica numeri chiari: 2.379 nuove diagnosi di HIV nel 2024, pari a 4 casi ogni 100.000 residenti. Un valore lievemente inferiore rispetto al 2023, ma ancora troppo alto, soprattutto se si considerano gli strumenti di prevenzione oggi disponibili.
La trasmissione è principalmente sessuale:
Il dato più allarmante rimane quello delle diagnosi tardive, che coinvolgono il 60% dei nuovi casi. Significa che molte persone vivono per anni inconsapevoli della propria sieropositività, mettendo a rischio se stesse e gli altri.
Questa realtà è il riflesso di un problema strutturale: in Italia si parla ancora troppo poco di sessualità, e lo si fa male. Le scuole non offrono percorsi sistematici di educazione affettiva e sessuale, mentre le informazioni arrivano spesso da fonti poco affidabili, creando miti e paure infondate che allontanano dal test.
Eppure oggi, grazie alle terapie antiretrovirali, più del 95% delle persone in trattamento raggiunge la soppressione virale. Questo significa una cosa semplice, ma rivoluzionaria: U=U (Undetectable = Untransmittable).
Un messaggio che dovrebbe essere insegnato ovunque, soprattutto ai giovani, perché abbatte lo stigma e incentiva a fare il test.
Uno dei nodi più delicati riguarda le fasce più giovani: quasi il 20% delle nuove diagnosi coinvolge under 29.
Non perché i giovani siano più “a rischio” in senso biologico, ma perché vivono in un contesto dove il virus è percepito come qualcosa di superato, appartenente al passato o a gruppi sociali ritenuti “altri”.
Il vero nemico, oggi, è la falsa invulnerabilità.
La mancanza di educazione sessuale strutturata provoca un cortocircuito: molti giovani parlano con disinvoltura di sessualità sui social, ma quando si tratta di protezione, PrEP, testing e responsabilità relazionale regna il silenzio.
E lo stigma verso l’HIV si manifesta ancora con frasi come “Non mi riguarda”, “Non succede a noi”, “Sono cose degli anni ’80”, rendendo più difficile accedere al test e chiedere aiuto, come evidenziato nell’articolo Catania, boom di HIV, sifilide e gonorrea: dove fare i test.
Per questo la Giornata Mondiale dell’AIDS non guarda solo al passato, ma soprattutto al futuro: serve una cultura della salute più moderna, inclusiva e scientificamente informata. Una cultura che parli il linguaggio dei giovani, senza moralismi, ma con la forza dei fatti.
Il nuovo report congiunto ECDC/OMS Europa parla chiaro: nel 2024 oltre il 54% delle diagnosi nella regione europea è arrivato troppo tardi. Una crisi silenziosa che si somma a fattori socioeconomici, migrazioni e disuguaglianze nell’accesso al sistema sanitario.
Nell’intera regione europea dell’OMS si contano 105.922 diagnosi, con un trend che non decresce come previsto.
Hiv e Aids non sono la stessa cosa.
L’infezione da Hiv non ha una propria specifica manifestazione, ma si rivela attraverso gli effetti che provoca sul sistema immunitario. La presenza di anticorpi anti-Hiv nel sangue viene definita sieropositività all’Hiv. Pur con una infezione da Hiv, è possibile vivere per anni senza alcun sintomo e accorgersi del contagio solo al manifestarsi di una malattia opportunistica. Sottoporsi al test Hiv è, quindi, l’unico modo di scoprire l’infezione.
Le diagnosi tardive rappresentano un fallimento non clinico, ma sociale. Un fallimento che riflette:
Se l’obiettivo ONU 2030 di porre fine all’AIDS come minaccia sanitaria vuole essere raggiunto, l’Europa deve cambiare rotta. E l’Italia, con i suoi punti di forza ma anche le sue fragilità, ne è un tassello fondamentale.
A livello locale, la Sicilia dimostra ancora una volta un impegno concreto.
Il Policlinico “G. Rodolico – San Marco” di Catania offrirà visite, counseling, test HIV e screening per le IST completamente gratuiti e senza prenotazione, dalle 09:00 alle 13:30 della giornata odierna, 1° dicembre.
Saranno presenti specialisti in malattie infettive, psicologi e professionisti dedicati alla salute sessuale, in un ambiente accogliente e privo di giudizio.
Queste iniziative sono cruciali perché rendono la prevenzione accessibile, umana, vicina ai cittadini.
E rappresentano un modello virtuoso di come gli ospedali possano diventare spazi di incontro, ascolto e consapevolezza, non solo luoghi di cura.
La lotta all’AIDS non è fatta solo di numeri e protocolli: la cultura ha avuto un ruolo determinante nel cambiare lo sguardo dell’opinione pubblica.
Molti film e libri hanno dato un volto umano all’epidemia, mostrando il dolore, la forza e la dignità delle persone coinvolte.
Tra i titoli più potenti:
E ancora;
Le ore, Michael Cunningham; Un romanzo raffinato e struggente, Premio Pulitzer, che intreccia tre storie femminili. Una di queste ha al centro Richard, poeta malato di AIDS, e la sua amica Clarissa, che si prende cura di lui. Il tema non è trattato in modo tecnico, ma intimo, affettivo, umano, mostrando come la malattia attraversi relazioni, memoria e identità.
Il cuore è un cacciatore solitario, Paul Monette (memoir: Borrowed Time); In italiano noto come Il tempo preso in prestito, è uno dei memoir più celebri sull’epidemia. Monette racconta la malattia e la morte del compagno durante i primi anni dell’AIDS. È crudo, poetico, devastante e bellissimo.
La cultura, soprattutto per i giovani, ha un potere enorme: fare entrare l’HIV nelle storie significa farlo entrare nella realtà, senza tabù e senza stigma.
La Giornata Mondiale dell’AIDS 2025 è un invito a non voltare pagina troppo presto.
Non basta sapere che esistono terapie efficaci e strumenti di prevenzione avanzati: serve una nuova consapevolezza collettiva, una cultura del test, della protezione, dell’informazione vera.
Il claim “Rethink. Rebuild. Rise” ci chiede di ripensare ciò che crediamo di sapere sull’HIV, ricostruire ciò che abbiamo trascurato e rialzarci insieme, come comunità informata e solidale. La lotta all’HIV non è una storia del passato. È una storia che scriviamo oggi e possiamo scriverla meglio, a partire da una scelta semplice: informarsi, proteggersi, parlare.
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