L’autonomia differenziata è ufficialmente diventata legge lo scorso giugno, approvata dal governo Meloni concede alle regioni maggiori poteri su ben 23 materie. La norma, ha ricevuto il via libera della camera dei deputati ed è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 26 giugno. Dopo le aspre polemiche è stato proposto, circa un mese e mezzo fa, un referendum abrogativo, e in poco tempo sono state raccolte le 500mila firme necessarie.
L’autonomia differenziata è un processo che permette alle regioni italiane di ottenere maggiori poteri in ambiti specifici. La legge, approvata lo scorso giugno, prevede che ogni regione possa richiedere ulteriore competenze negoziando con il governo. Il rischio, come ben sappiamo è che i livelli essenziali delle prestazioni (lep) che dovrebbero garantire i servizi minimi uniformi non siano uguali su tutto il territorio, permettendo alle regioni più ricche di trarne un grande vantaggio e penalizzando quelle del sud d’Italia.
Secondo Schifani però, presidente della regione Sicilia, la nostra isola ha tutte le carte in regola per partecipare a questa trasformazione : “essa stessa il riferimento costituzionale dell’autonomia regionale sin dagli albori della Repubblica, ma anche perché adesso sta crescendo, incrementando Pil e investimenti, incrementando livelli di efficienza come dimostrato nel settore energetico. Emblematici i dati Svimez di oggi su crescita economica, investimenti produttivi ed esportazioni“.
Ma siamo sicuri sia così? I cittadini non sembrano essere d’accordo.
La raccolta firme, avvenuta sia in banchetti cittadini che online, ha raggiunto in poco tempo 500mila adesioni in tutta Italia. La campagna è stata sostenuta da Cgil, Uil e altre associazioni di sinistra, da, Pad ai Verdi. Il comitato promotore del referendum però è guidato dall’ex presidente emerito della corte costituzionale, Giovanni Sigillo.
Ma com’è strutturato l’iter referendario in Italia? Esso segue un preciso percorso ed è suddiviso in diverse fasi:
1. la raccolta di almeno 500mila firme di cittadini italiani, entro tre mesi dalla campagna referendaria.
2. La verifica delle firme dalla Corte di Cassazione
3. L’ok della Corte Costituzionale nel ritenere la proposta ammissibile
4. La fissazione della data di consultazione del Presidente della Repubblica
5. Segue, prima del voto, una campagna informativa
6. Il referendum è valido se partecipa al voto la maggioranza degli aventi diritto e se la proposta viene approvata e ottiene la maggioranza dei voti validamente espressi
7. infine la legge viene abrogata, se l’esito è positivo
Se si vuole quindi prendere parte al referendum è necessario firmare ai banchetti organizzati dai comitati locali o sulla piattaforma online, munendosi di SPID o CIE. Le firme dovranno essere raccolte entro il 15 settembre 2024.
Queste le parole del comitato referendario per l’abrogazione della legge sull’autonomia differenziata, che ha espresso il proprio entusiasmo attraverso un comunicato stampa:
“In sole tre settimane abbiamo raggiunto mezzo milione di firme digitali, il numero previsto dalla Costituzione per promuovere il referendum abrogativo dell’Autonomia differenziata. Un risultato davvero straordinario, e per certi versi inaspettato per la sua rapidità, peraltro conseguito in pieno agosto, un mese per nulla favorevole a questo genere di iniziative.
Contrariamente a quanto sostiene qualche mal informato esponente del Governo, che ci ricorda la difficoltà nel chiedere e validare tutti i certificati elettorali dei firmatari, per le sottoscrizioni on line la procedura è automatica, grazie al collegamento della piattaforma con l’anagrafe nazionale (ANPR).
Consideriamo quello appena compiuto solo il primo passo. Abbiamo ancora un mese a disposizione e intendiamo utilizzarlo per intero. “
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