Secondo i dati raccolti nel report "Pendolaria", a Catania si trova una delle linee ferroviarie peggiori d'Italia: di quale si tratta.
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Pendolaria 2024: il tema dei trasporti in Italia è sempre stato un gran problema. Infatti, tra standard differenti rispetto al resto d’Europa e all’interno dello stesso Belpaese, la situazione sembra rimanere sempre statica. A vigilare la condizione dei trasporti esistono diverse statistiche e analisi, come il report “Pendolaria”, che mette sotto esame il sistema dei trasporti ferroviari in Italia.
A tal proposito, anche per quest’anno è stato pubblicato il report aggiornato con i dati relativi al 2023. E purtroppo, la situazione non è delle migliori, soprattutto per il Mezzogiorno. Ecco i dati raccolti nel report “Pendolaria” realizzato da Legambiente nel febbraio 2024.
Come anticipato, il rapporto Pendolaria si occupa di analizzare l’andamento del trasporto ferroviario nazionale e regionale. A tal proposito, vengono prese in esame le linee ferroviarie presenti in Italia, per comprendere quali sono i punti di forza, le criticità e cosa può essere migliorato.
Nell’edizione 2024 del report, viene sottolineato un punto in particolare: si tratta della tendenza a dimenticare i piccoli interventi a favore di grandi opere. Per esempio, si fa riferimento al totale disinteresse nel migliorare o potenziare i trasporti ferroviari locali. Questo perché si preferisce concentrare le risorse su opere come il Ponte sullo Stretto di Messina. Inoltre, come già anticipato, oltre ad indagare quali sono le linee ferroviarie peggiori d’Italia, si è riscontrata l’annosa questione di “un’Italia a due velocità” anche nel settore dei trasporti, con la parte settentrionale che progredisce a fronte del Mezzogiorno che fatica a mantenere attive le già vecchie linee ferroviarie.
A livello locale, uno degli elementi principali da sottolineare è che Catania è una delle protagoniste nell’elenco delle linee ferroviarie peggiori d’Italia. In particolare, la tratta indicata nel report Pendolaria è la Catania-Caltagirone-Gela, la stessa presente nel dossier dell’anno scorso. Di quest’ultima, si sottolinea l’immobilità: infatti, questa linea ferroviaria risulta sospesa da 13 anni, vale a dire da dopo il cedimento del viadotto di Piano Carbone nel maggio del 2011.
A tal proposito, nel report viene indicato come effettivamente si stia lavorando sulla tratta, con un intervento che ha avuto inizio nel 2022 e dovrà concludersi entro il 2026. Tuttavia, dai dati raccolti si sottolinea come il progetto attuale non preveda alcuna elettrificazione, né un secondo binario o un miglioramento della velocità attuale. Quest’ultimo è un dato rilevante considerando che i pendolari che usufruiscono della tratta devono considerare un tempo medio di percorrenza di un’ora e cinquanta minuti, mentre i bus impiegano la metà del tempo per lo stesso percorso. Infine, anche la scarsità delle corse è rilevante, dato che i viaggiatori di questa tratta hanno a disposizione solo due treni rispettivamente da Caltagirone e da Catania.
Come anticipato, uno dei temi principali evidenziati nel report è quello del Mezzogiorno, che viene definito come il “grande dimenticato”. Infatti, Pendolaria sottolinea come il livello dei trasporti ferroviari del sud Italia sia di gran lunga peggiore rispetto al resto del Paese. Sia in termini di corse che di età media dei convogli e degli stessi binari. Per esempio, al sud i treni hanno un’età media pari a 18,1 anni, mentre al nord si arriva a 14,6 anni.
Inoltre, al sud è molto alto il numero delle linee ferroviarie chiuse o sospese e mai ripristinate. A tal proposito, la Sicilia è protagonista con le linee Palermo-Trapani via Milo o della Caltagirone-Gela, entrambe sospesa a causa di crolli e smottamenti. Infine, altro grande tema è quello dei tempi di percorrenza. Infatti, come viene sottolineato nel report, per andare da Trapani a Ragusa è necessario cambiare 4 treni e viaggiare per circa 13 ore.
In conclusione, una parte del report è dedicata alle grandi infrastrutture che “distraggono” dall’impiego di risorse per le “piccole opere”. A tal proposito, un ruolo fondamentale non può che essere rappresentato dal Ponte sullo Stretto di Messina, infrastruttura al centro del dibattito pubblico da prima dell’Unità d’Italia.
Riguardo il Ponte sullo Stretto, Legambiente ha realizzato un’intera sezione che smentisce alcuni degli argomenti principali a favore della costruzione. Per esempio, nel dossier viene indicata come falsa la sostenibilità ambientale ed economica del progetto. Nel primo caso, si sottolinea l’impatto dell’infrastruttura su 11 Zone Speciali di Conservazione, definito “devastante”. Mentre nel secondo caso si indica come sia già stato speso 1 miliardo di euro in progetti senza realizzare alcuna opera. Questo oltre al costo della spesa totale stimata.
Infine, si sottolinea anche come il tempo risparmiato usando il ponte da chi viaggia ogni giorno tra Messina e Reggio è pari a 15-20 minuti circa. Così come viene smentito il più rapido collegamento tra Sicilia e Roma o nord Italia grazie al ponte. Questo perché, tale soluzione non si rivela in ogni caso più veloce del trasporto aereo, tra l’altro altra questione gravosa per la Sicilia e ormai largamente nota come “caro voli”.
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