Come ogni anno, "Non una di meno" ha organizzato uno sciopero per l'8 marzo per fare valere i diritti delle donne e delle soggettività oppresse: ecco cosa hanno detto gli attivisti ai microfoni di LiveUnict.
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Oggi, 8 marzo, ricorre come ogni anno la Giornata Internazionale della Donna, per ricordare le conquiste sociali, economiche e politiche ottenute dalle donne, ma anche per sottolineare quanta strada c’è ancora da fare per combattere il patriarcato e le continue violenze commesse.
A Catania, come in altre 37 città italiane, oggi si è tenuta la manifestazione per lo sciopero femminista e transfemminista indetto dal movimento internazionale Non Una di Meno; anche la redazione di LiveUnict ha partecipato, immortalando i momenti salienti del corteo ed intervistando gli attivisti ed i manifestanti.
Non Una di Meno nasce a Roma dal confronto tra diverse realtà femminili e femministe come associazione attivista contro la violenza di genere. Ciò che si chiede è un cambiamento politico e sociale strutturale, attraverso le varie attività organizzate, come lo sciopero femminista e transfemminista dell’8 marzo.
Lo slogan di quest’anno è “Se ci fermiamo noi si ferma il mondo“, riportato sullo striscione principale che ha guidato il corteo. Tra i partecipanti, a parte gli attivisti, diverse studentesse e studenti, sia liceali che universitari, locali ed Erasmus, ma anche professoresse, professori e famiglie con bambini.
“Non una di meno – spiega una delle attiviste ai microfoni di LiveUnict – è una rete nazionale che ha nodi nella maggior parte delle città d’Italia, anche in quelle più piccole. Questo è il settimo anno che organizziamo lo sciopero dell’8 marzo. Perché? La risposta è molto ampia. Citando un articolo di Repubblica uscito stamattina, il 2022 è stato in Sicilia l’anno con più vittime di femminicidio, sono morte 17 donne. Questo è uno dei tanti motivi.
Continuiamo a scendere in piazza perché ancora non si parla abbastanza di quello che è il mondo della violenza di genere, non solo sulle donne, ma anche sulle soggettività oppresse. Viviamo in una società estremamente patriarcale e questo si può vedere in ogni ambito della vita di tutti i giorni“.
Ai microfoni di LiveUnict sono diverse le ragazze che ammettono di non amare gli auguri per la “festa della donna“. Secondo loro, infatti, la strada per lottare contro la violenza di genere e le disparità è ancora troppo lunga, nonostante sia l’anno 2023.
“Per noi l’8 marzo non è una festa, è un giorno di protesta e di sciopero – confessa una militante -. Non c’è un bel niente da festeggiare, bisognerebbe concentrarsi su quella che è la quotidianità delle donne, basata su discriminazioni e soprusi”.
“La società patriarcale in cui viviamo – dice al megafono un’altra attivista – prova in tutti i modi ad ammutolirci, riconoscendo le donne nell’unico modo in cui sono compatibili con il sistema attuale: mogli, madri, sorelle e lavoratrici, che vivono in funzione degli uomini. Ma se l’8 marzo è il nostro giorno, non lasceremo passare questa definizione: oggi scioperiamo, ci sottraiamo alle gabbie che il sistema ci vuole imporre. Non ci avranno mai oppresse e sottomesse, ma sempre insieme saremo pronte a lottare. Allontaniamoci dalle frasi fatte!“.
“Quest’anno Fridays for future Catania e Non una di meno hanno deciso di unire la lotta per la giustizia climatica e quella transfemminista – racconta una portavoce del movimento per la giustizia climatica – evidenziando la connessione che c’è alla base dello sfruttamento dei corpi delle donne e delle nostre terre. Bisogna continuare a lottare, perché si tratta di veri e propri problemi che stanno alla base della nostra società“.
Durante il corteo, infatti, tra i vari cartelloni femministi spiccano anche le bandiere verdi sventolanti di Fridays for future, già scesa in piazza per la manifestazione dello scorso venerdì.
“Catania è da molti punti di vista una città ‘invivibile’ – dice ancora l’attivista – sia per quanto riguarda la sostenibilità, che per la sicurezza. Per esempio, i mezzi pubblici ancora oggi sono in parte inefficienti in quanto non coprono tutta la città, ma costituiscono anche luogo di insicurezza per le donne, che non si sentono sicure all’interno di essi“.
“Siamo tutte parte lesa!” urlano i partecipanti alla manifestazione. Tuttavia, l’argomento della parità di genere è ancora poco trattato nelle scuole.
“Penso che la scuola possa fare molto di più per prendere posizione in merito a moltissime tematiche, come quella della giustizia climatica, ma anche appunto quella del transfemminismo – racconta una manifestante -. È vero che oggi con l’educazione civica si fa più attenzione a determinati temi, ma spesso sono gli stessi ragazzi che si sentono in dovere di parlarne durante momenti organizzati da loro, come per esempio assemblee, in quanto non è mai abbastanza. Secondo me, i professori dovrebbero attenzionare di più questi argomenti, coinvolgendo i ragazzi in progetti utili alla collettività“.
Ad essere ‘attaccata’, però, non è solo la scuola: lo è soprattutto l’università. Il corteo, infatti, si è concluso proprio in Piazza Università, dove le attiviste e gli attivisti hanno richiesto un’assemblea al Rettore.
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