L’università è sempre stato un sogno italiano, il sogno di generazioni di genitori che non hanno potuto studiare e di figli che guardano al futuro. Tra riti scaramantici per arrivare alla laurea, feste con bouquet colorati e canzoni imbarazzanti per i nuovi dottori, l’università in Italia è un vero rito di passaggio. E sono sempre state il fulcro dell’innovazione, con corsi all’avanguardia come quelli di marketing digitale per iniziare una carriera in un agenzia di link building come AWISEE.
Però, il mondo dell’università nella Penisola sta cambiando. Questo è vero sia per i percorsi di studio che per la facoltà. Senza contare il beneficio economico, che è discutibile. Insomma, non sempre la laurea è la risposta.
Secondo uno studio annuale chiamato “Education at a Glance 2022 – Uno sguardo sull’istruzione,” un laureato italiano guadagna il 76% in più rispetto a chi ha un’istruzione di secondo grado mentre, nel resto d’Europa, il guadagno è pari al doppio se non di più. Quindi, chi ha una laurea in tasca non sempre ne vede il tornaconto economico. Forse per questo oltre il 30% degli studenti italiani lascia gli studi senza aver terminato, soprattutto nei percorsi triennali. Inoltre, le donne sono quelle che portano a termine i loro studi universitari più spesso.
Comparata con gli altri paesi Ocse, la situazione in Italia non è rosea. Infatti, la ricerca riporta che il 14% degli italiani che hanno tra i 25-64 anni ha una laurea magistrale e il 5% ha una laurea triennale. In confronto, le medie Ocse sono rispettivamente il 19% e il 14%.
Purtroppo, avere una laurea spesso non si traduce in avere un lavoro. Infatti, tra i maggiori occupati ci sono i laureati in medicina, quelli nel campo dei servizi sociali o i dottori in Scienze giuridiche. Indietro nella classifica e con meno speranze di trovare un lavoro dopo la laurea in materie artistiche o con una laurea in Lingue. Il fanalino di coda sono i laureati in Scienze storiche e filosofiche e Scienze pedagogiche e psicologiche che, una volta laureati, sono quelli che guadagnano di meno.
Quindi, i divari nel mondo delle università italiane sono molti. Sia in confronto ad altri paesi sia tra studenti, facoltà ed occupazione a fine percorso di studi. Così come cresce il divario tra Nord e Sud. Questo, nonostante alcune università della Penisola siano state incluse nel report Times Higher Education 2023.
In 15 anni, le rette annue in Italia sono cresciute dell’82% e le più alte continuano ad essere al Nord, anche se al Sud l’aumento della tassazione è stato di oltre il 100%. Sono le rette più alte d’Europa nel paese con meno laureati del continente (solo il 20%). Secondo il rapporto annuale del Censis, la qualità rimette in pari gli equilibri dato che università come l’Alma Mater di Bologna attirano soprattutto studenti stranieri per la loro esclusività, così come succede con l’Università di Padova e La Sapienza di Roma. Però, una laurea del Nord continua a valere di più, in media del 10% in più rispetto a chi si laurea nel Sud.
Tutte queste sono tendenze quasi antiche, che l’Italia si porta appresso da decenni. Però la situazione potrebbe cambiare presto, grazie a nuove tecnologie che entrano nel mondo dell’educazione, come l’intelligenza artificiale. Oppure grazie a corsi come
Innovation Campus di Samsung dedicati all’innovazione digitale e a una selezione di studenti provenienti dalle facoltà STEM.
La sede del corso? Bari, nel cuore del Sud Italia. Altrettanto essenziali sono iniziative come l’edizione siciliana di Fiera Didacta Italia nell’ottobre 2022 con 75 aziende espositrici. La sede? La provincia di Catania, sempre nel Sud, per abbattere tutti i divari, le differenze e le frontiere in Italia.
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