Come gli italiani giudicano la propria vita? Nonostante il perdurare della pandemia, nel 2021 e rispetto all'anno precedente, più cittadini hanno manifestato piena soddisfazione. Ma esistono delle differenze: per esempio, a seconda di età e Regione in cui si risiede. Ecco cosa rivela una recente indagine Istat.
Il 2021 verrà ricordato come il secondo anno segnato dalla pandemia da Coronavirus. Eppure, rispetto all’anno precedente, più cittadini hanno manifestato i più alti livelli di soddisfazione per la propria vita. O almeno gran parte di questi.
Secondo l’indagine Aspetti della Vita Quotidiana dell’Istat, l’eccezione è rappresentata dai giovanissimi. Sorpresa o risultato prevedibile? Di seguito il quadro tracciato dall’Istituto Nazionale di statistica.
Cosa rispondereste se vi chiedessero quanto vi riteniate soddisfatti della vostra vita nel complesso? I soggetti coinvolti nell’indagine hanno potuto quantificare il proprio gradimento attribuendo un punteggio compreso tra 0, corrispondente a “per niente soddisfatto”, e 10, ovvero “molto soddisfatto”.
All’inizio del 2021 quasi la metà degli intervistati, il 46% del totale, ha assegnato tra gli 8 e i 10 punti. Dodici mesi sono bastati per far crescere il numero totale di persone pienamente soddisfatte della propria esistenza, e di 1.7 punti percentuali: di fatto nel 2020 soltanto il 44,3% dei coinvolti aveva espresso analoghi giudizi.
In uno degli anni più neri per gli italiani, con sorpresa di molti si contano italiani felici delle proprie condizioni come prima del 2012, anno che ha determinato un primo crollo dei numeri.
Dietro una percentuale generica si nascondono diverse e nette differenze. Prima fra tutte, quella di genere. Se è vero che la soddisfazione si è diffusa per entrambi i sessi, bisognerà anche ammettere che la componente maschile animata da queste positive convinzioni è più consistente di quella femminile. Rispetto al 2020, le donne pienamente soddisfatte passano dal 43,1% al 44,3%, mentre gli uomini dal 45,5% al 47,7%.
Inevitabilmente, poi, incidono sulle opinioni anche la personale condizione occupazionale. Emerge, per esempio, che chi gode di un lavoro o impiega le proprie energie nello studio è più spesso appagato: in effetti il 50,3% degli occupati e il 49,9% degli studenti ha riferito di un’elevata soddisfazione. Numeri significativi, certo, ma in effetti corrispondenti solamente alla metà del collettivo selezionato e, nel caso di chi studia, persino in diminuzione (nel 2020 i più soddisfatti raggiungevano quota 52,1%).
Se si volesse approfondire la questione e persino avanzare ulteriori confronti tra gruppi, emergerebbe anche che:
Molte indagini condotte da Istat fanno emergere differenze territoriali: anche quando si tratta di benessere queste non possono essere accantonate. Ad ogni modo il divario si è assottigliato. Al Nord si conta ancora il maggior numero di persone tanto soddisfatte (sono il 48,3%), ma queste nel 2021 non sono ulteriormente aumentate di numero. Buone notizie, al contrario, per il Centro e il Sud Italia dove più persone, rispettivamente il 45,8% e il 43%, hanno attribuito i maggiori punteggi di soddisfazione alla propria vita.
A livello regionale, è il Trentino-Alto Adige a primeggiare per numero di più soddisfatti: registra il 60,8% di questi.
E cosa si può affermare, invece, su Sicilia e siciliani? L’Isola, che nel 2020 era tra le ultime per pareri sul benessere, ha recuperato molto meglio di altre Regioni, raggiungendo il 43,2% di persone più felici della propria esistenza: l’incremento è tra i più marcati nella Penisola.
Il Sud non spicca, inoltre, per un diffuso atteggiamento di fiducia verso il prossimo. Predomina, di fatto, la prudenza e soltanto il 21,5% di cittadini (a partire dai 14 anni) non si mostra diffidente. Al contrario gli altri merito fiducia a detta del 27,9% dei residenti in Regioni del Nord.
Ad ogni modo, a livello nazionale, il perdurare della pandemia nel corso del 2021 non ha alimentato la sfiducia verso connazionali e conterranei, con sorpresa l’ha ridotta. Lo scorso anno il 25,5% delle persone coinvolte nell’indagine si è detta orientata verso un atteggiamento di fiducia (più uomini che donne), ma dodici mesi prima si poteva dire lo stesso solo del 23,2%.
Se stupisce in positivo la generale crescita della soddisfazione, preoccupa il fatto che questa non riguardi chi lo scorso anno aveva un’età compresa tra i 14 e i 19 anni. Sebbene questi cittadini costituiscano ancora la fetta più ampia di popolazione ben appagata, nel giro di un anno i giovani molto soddisfatti sono diminuiti, passando dal 55,8% del 2020 al 52,3% del 2021.
Ma cosa lamenta questa fascia d’età? Se è diffusa alta soddisfazione per le relazioni familiari (ad esprimerla il 91% della fascia 14-17 anni) e per quelle amicali (che comunque ha subito un crollo), rispetto al 2020, meno ragazzi si dicono soddisfatti per il proprio tempo libero. Se due anni fa gli inappagati ammontavano al 12,9%, un anno dopo questi sono quasi il doppio, il ben 33,6%: nella maggior parte dei casi, il giudizio negativo è espresso da ragazze e giovani donne.
Tale crollo dei numeri ha in realtà coinvolto tutte le fasce d’età ma i giovani avrebbero maggiormente risentito delle restrizioni anti-Covid messe in atto e della conseguente difficoltà a stringere mantenere relazioni sociali o a dedicarsi alle attività preferite.
Accantonati i dati sulla soddisfazione per la vita nel complesso, è possibile analizzare quella per uno specifico aspetto, per esempio il lavoro.
Con il passaggio dal 2020 al 2021, si è ridotto anche il tasso di cittadini con un impiego che li soddisfa molto, o almeno abbastanza: l’originario 79% ha lasciato spazio ad un 77,5%. Il calo riguarda soprattutto il Meridione.
Ma il 2021 ha apportato altri dati in negativo: se ha ridotto le differenze tra aree della Penisola, ha acuito quelle tra uomini e donne, a svantaggio di queste ultime. Di fatto se due anni fa si riscontrava lo stesso livello di soddisfazione tra sessi, nel corso dello scorso anno le donne soddisfatte sono scese al 76,6%, mentre gli uomini hanno raggiunto il 78,2%. Tale cambio di rotta ha coinvolto anche dirigenti, imprenditrici e libere professionisti: quelle appagate sono passate dall’82,1% al 74,5%.
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