Anche quest'anno è stato pubblicato il Rapporto AlmaLaurea sul profilo e sulla condizione occupazionale dei laureati italiani: ecco cosa è emerso in merito a quelli del Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura dell'Università degli Studi di Catania.
Ogni anno è possibile conoscere qualcosa in più sui laureati dei diversi dipartimenti dell’Università degli Studi di Catania. Ciò grazie al Rapporto a cura del Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea, giunto ora alla sua XXIV edizione. Conosciamo ora qualcosa in più sui neo-dottori del Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura.
I primi dati sono estrapolati dalla nuova indagine AlmaLaurea sul Profilo di chi ha scelto il Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura per condurre i propri studi, ed ha ottenuto il titolo nel corso del 2021.
Su 301 laureati in totale, 282 hanno proceduto alla compilazione del questionario. Gli uomini risultano essere quasi il doppio delle donne: i primi costituiscono il 61,8%, le seconde soltanto il restante 38,2%. Cosa rivela AlmaLaurea su tutti?
In primo luogo occorrerà chiedersi cosa abbiano studiato, prima dell’avvio della carriera universitaria, i laureati 2021 del DICAR.
Non stupisce che il ben 70,1% dei coinvolti nell’indagine (di tutti i corsi di laurea del Dipartimento in questione) provenga da un liceo scientifico. Segue, ma con una percentuale nettamente più bassa (7,6%), la scelta di un liceo classico.
Se, più in generale, l’82,1% dei laureati ha in tasca un diploma liceale, il 16,6% ha frequentato un istituto tecnico e appena lo 0,3% un professionale.
Ottimi i risultati conseguiti a conclusione degli studi secondari di secondo grado: di fatto il voto del diploma ottenuto è, in media, pari a 85,6 e tutt’altro che lontano da quello emerso dall’analisi AlmaLaurea dello scorso anno (85,1).
Accantonati gli anni precedenti l’immatricolazione, occorrerà comprendere cosa sia accaduto nel corso del percorso di studi.
In prima battuta dall’indagine AlmaLaurea emerge che la maggior parte, in quanto il 71,8% del totale, ha proceduto con l’immatricolazione entro i 19 anni, o al massimo con un anno di ritardo.
Inoltre è stato rilevato che i voti legati ai diversi esami hanno permesso ai neo-dottori 2021 di totalizzare una media pari a 25,7 su 30. Si tratta di un dato quasi immutato se confrontato a quello dello scorso anno, pari a 25,6.
Più evidente lo scarto tra i voti più importanti, quelli della laurea, ottenuti in media nel 2020 da alcuni e quelli totalizzato nel 2021 da altri:
Ma entro quando è arrivata la tanto bramata corona d’alloro? La maggior parte degli studenti del Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura ha condotto studi regolari: corrispondono al 46,5% del totale quelli in corso. Seguono per numero:
Questi i tassi più elevati, ma non va omesso un 8,3% composto da chi ha raggiunto il quinto anno fuori corso, e oltre.
Un periodo di tempo, per certo più breve, è stato infine utilizzato per realizzare la tesi o la prova finale: in media, sono serviti 5 mesi per portare a termine il lavoro.
L’esperienza universitaria di quasi tutti laureati che hanno compilato il questionario AlmaLaurea è stata segnata da una partecipazione costante alle lezioni: l’87,2% le ha frequentate regolarmente per più del 75% degli insegnamenti previsti.
Tuttavia il 3,2% ha avuto l’opportunità di apprendere anche al di fuori delle aule del Dipartimento, intraprendendo un periodo di studio all’estero: meno dello scorso anno, quando è stato raggiunto il 6,3%, ma a fronte di più intervistati (320 contro gli attuali 282).
Quando, a distanza di anni, si ripercorrono con la memoria gli anni dell’università non si ricordano solo esami ed ore passate sui libri. Oltre la metà degli intervistati, precisamente il 50,4%, ha impiegato questo tempo anche per lavorare. Nel 25,5% dei casi, tuttavia, si è trattato di un impiego occasionale, saltuario o stagionale.
A fronte di 100 soggetti che hanno accumulato esperienze lavorative, soltanto il 26,1% è riuscito ad impegnarsi in un lavoro coerente con gli studi intrapresi.
Una volta concluso il proprio percorso di studi o lasciato il Dipartimento scelto anni prima, è possibile avanzare un giudizio sulla propria esperienza universitaria. Questo, nel caso dei laurearti del DICAR, risulta generalmente positivo. Di fatto:
Soltanto l’1,4%, al contrario, ha manifestato una netta insoddisfazione.
Tra i punti di forza il rapporto con i docenti, che ha soddisfatto pienamente il 33,7% dei coinvolti nell’indagine, e i servizi di biblioteca, che non avrebbero potuto ottenere valutazione migliore a detta del 38,3%.
In sintesi il 76,2% non mostra rimpianti per la scelta intrapresa e dichiara che si iscriverebbe nuovamente allo stesso corso dell’Ateneo catanese. Il 7,4%, invece, cambierebbe soltanto università.
Il Consorzio AlmaLaurea non si ripropone soltanto di tracciare il profilo dei laureati, ma si occupa anche di riferire della condizione occupazionale di questi ultimi.
In questo caso gli intervistati sono 266 in totale, tra chi ha ottenuto un titolo di primo livello, quanti una laurea magistrale biennale e coloro che hanno concluso un corso magistrale a ciclo unico.
Ad un anno dal giorno della laurea, per certo indimenticabile, oltre la metà del totale (il 61,9%) lavora. Si tratta di un tasso che non cela eque opportunità. Di fatto:
Ad ogni modo, dal confronto con il 2020 emerge un particolare tanto interessante quanto incoraggiante: nel giro di un anno è cresciuto il numero di occupati. In effetti il Rapporto AlmaLaurea dello scorso anno, che ha coinvolto 241 laureati, indicava un tasso di lavoratori pari al 52,7%: molti meno quelli magistrali, leggermente di più (il 16,1%) quelli con un titolo di primo livello.
Più donne o più uomini occupati? Le risposte cambiano a seconda del titolo. Se si dovessero considerare i soli laureati di primo livello, si conterebbero il 27,8% di donne occupate contro il 12,8% di uomini impiegati. La situazione si ribalta nel caso dei neo-dottori che hanno optato per un corso magistrale a ciclo unico: in questo caso si registrano più uomini (82,1%) che donne (79,2%) tra chi è impegnato in un’attività lavorativa.
Ad ogni modo, più in generale le stime sul tasso di occupazione vedono primeggiare la componente femminile.
Anche il tempo trascorso dalla laurea al reperimento del primo lavoro varia da laurea a laurea: se nel caso di quelle magistrali si impiegano circa 4 mesi, con un solo titolo triennale bisogna attendere maggiormente, circa 8,2 mesi.
Più scelte dai neo-dottori le professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione, seguite dalle professioni tecniche. A prescindere dal genere di attività svolta, il contratto a tempo indeterminato viene riservato soltanto al:
L’ultimo punto da trattare riguarda la retribuzione mensile netta. Emerge che le laureate del DICAR guadagnano, in quasi tutti i casi, meno dei laureati.
Per fare un esempio, dopo aver intascato una stessa laurea triennale, gli uomini ricevono un salario pari in media a 1.290 euro mentre le donne raggiungono appena gli 832 euro.
Solo a seguito del titolo magistrale a ciclo unico, la retribuzione delle lavoratrici supera quella dei lavoratori. Si registra, ad ogni modo, un generale aumento degli stipendi rispetto a quelli indicati per il 2020. Si pensi che quelli legati alle lauree magistrali biennali degli uomini sono passati dai 1.311 ai 1.525 euro, mentre quelli delle donne dai 1.330 ai 1.447 euro.
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