Nel 1282, a Palermo, esplose la violenta ribellione dei "Vespri siciliani" contro gli oppressori Angioini. Lo scontro, dilagato presto in tutta l'Isola, ebbe come protagoniste alcune donne: ecco in che modo.
La storia della Sicilia è caratterizzata dal passaggio di varie popolazioni nei secoli, alcune più apprezzate, altre meno. Se il dominio normanno fu approvato, quello angioino fu ritenuto dagli isolani dispotico e oltraggioso. Sulle spalle dei siciliani, infatti, gravavano i pesanti preparativi della guerra di Carlo D’Angiò contro Costantinopoli.
Così, nel 1282, a Palermo, esplose la violenta ribellione contro gli oppressori Angioini, conosciuta come “Vespri siciliani“. Lo scontro, dilagato presto in tutta l’Isola, è stato celebrato soprattutto in epoca risorgimentale da autori come Michele Amari come esempio di patriottismo.
Come ricordano i tre quadri realizzati da Hayez, l’ultimo dei quali è possibile ammirare alla Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma, lo scontro ebbe inizio per una donna, sul sagrato della chiesa di Santo Spirito a Palermo, all’ora del Vespro.
I francesi avevano proibito ai siciliani di essere armati e, quel giorno di fine marzo, secondo una nota ricostruzione storica, un soldato francese di nome Drouet, con la scusa di perquisire una giovane donna di nome Bianca per scoprire se nascondesse delle armi, “frugò nelle vesti al marito e poscia stracciò i candidi lini che copriano il seno a Bianca e vi insinuò la mano: si opposero i parenti ma la violenza trionfò e la mano giunse sulle morbide mammelle! Ella cadde svenuta” (V.Broglio, 1858).
A seguito dell’accaduto, il fratello di Bianca riuscì a estrarre la spada dalla guaina del soldato francese e ad uccidere lo stesso. Questo gesto diede il via alla rivolta: i palermitani che covavano un profondo rancore nei confronti degli angioini si gettarono sugli altri soldati presenti.
L’insurrezione coinvolse rapidamente tutta la Sicilia, fino ad arrivare alla parte orientale dell’Isola. A Catania era al governo la bella Macalda di Scaletta, seconda moglie dello stratigoto Alaimo da Lentini che si trovava a governare Messina. Macalda fu una protagonista di primo piano nella rivolta dei Vespri: tentò di mettere in cattiva luce la regina Costanza per sedurne il marito, il re Pietro D’Aragona che, comunque, non si lasciò coinvolgere.
Intanto, a Messina, il marito di Macalda, nominato Capitano del Popolo, organizzò una difesa popolare della città, assediata per mare da Carlo d’Angiò. Della resistenza furono protagoniste secondo una leggenda anche due donne.
I francesi, durante il loro tentativo di occupazione, non risparmiarono nessun civile. Durante la notte dell’8 agosto, le truppe di Carlo tentarono di invadere la città dai colli e due donne messinesi in particolare furono protagoniste degli eventi: Dina e Clarenza.
Le due erano di vedetta sulle mura della città e, accortesi dell’arrivo dei nemici, si prodigarono per difendere Messina. Dina si occupò di scagliare sassi sui soldati nemici, mentre Clarenza suonò a distesa le campane del Duomo per svegliare la popolazione. Grazie alle due donne, soldati e civili accorsero in massa e riuscirono a respingere l’attacco.
Dina e Clarenza sono così diventate uno dei simboli della città dello Stretto, tanto da essere rappresentate nell’orologio astronomico del campanile del Duomo cittadino.
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