La ministra dell'Università e della Ricerca Messa insiste sulla necessità di reclutare nuovi dottori di ricerca e di dar loro i dovuti finanziamenti.
La ministra dell’Università e Ricerca, Maria Cristina Messa, ha parlato di ricerca e dei dottorandi italiani nel corso inaugurazione dell’anno accademico 2021-22. Nel nostro Paese, infatti, i dottorandi e i dottori di ricerca vivono in una questione di costante precarietà, a causa anche della mancanza di fondi destinati alla ricerca.
“Lavoriamo sul reclutamento dei dottorandi, dei nostri dottori di ricerca dagli attuali 9mila a 20mila, ma anche dando loro i fondi per fare ricerca, non solo aumentandone il numero — ha dichiarato la ministra Messa –. Dobbiamo lavorare sul rinnovamento generazionale del nostro reclutamento, dare possibilità ai giovani sia del nostro paese che a quelli che sono andati via, dando accesso sia alle carriere accademiche sia a quelle di ricerca, senza fare distinzione su dove uno lavora ma basandosi sulle capacità e sulla voglia di portare una progettualità.
La parola competere può avere anche una accezione negativa quando viene fatto per schiacciare gli altri. Ma competere significa anche correre e grazie a questi fondi possiamo farlo veramente. Non era semplice prima. L’università e la ricerca è inutile negarlo ha avuto pochissimi finanziamenti, ha avuto tagli che hanno veramente messo in crisi l’intero sistema ma dalla crisi dobbiamo trarne giovamento e andare avanti. Dobbiamo saper fare rete, tra atenei, tra atenei e centri di ricerca, fra atenei e imprese e assieme al territorio. Questo connubio fra città e università può essere veramente costruttivo e offrire molto a tutti i cittadini”.
“Credo – ha esordito la ministra – che siamo arrivati ad un momento della nostra storia delle università in cui si parla molto di una ripresa, di ricominciare dopo un periodo così complicato. Non si può che ripartire apprezzando in pieno il significato di questa parola. Dobbiamo essere consapevoli dello stato delle cose, anche dello stato di malessere e di disagio.
Dobbiamo essere consapevoli delle criticità che abbiamo avuto nel nostro sistema. Da questa consapevolezza però devono partire degli aspetti positivi, degli aspetti concreti, che guardano al presenta e anche al futuro in maniera costruttiva, positiva. Non perché bisogna essere sempre positivi, ma perché dalle disgrazie, dagli aspetti critici deve sempre nascere qualche cosa che porti poi l’essere umano a reagire e ad avere miglioramenti.
Vorrei portare tre aspetti sul come ricominciare. Il primo aspetto è quello di rimettere al centro scienza, ricerca, che sono non solo motore di sviluppo ma la base per l’insegnamento nelle università. Lo abbiamo ascoltato dai nostri dottorandi quanto può essere importante la ricerca e quanto essa determini i nostri insegnamenti. Scienza e ricerca sono un punto fondamentale sia dei territori del nostro paese sia delle università. Dobbiamo essere consapevoli che è quella frontiera e quella curiosità che spinge la formazione nelle università. Cosa facciamo per mettere scienza e ricerca al centro. Innanzitutto lavoriamo sui finanziamenti. Come sapete ci sono finanziamenti mai visti prima, che vanno veramente utilizzati al meglio con grande senso di responsabilità”.
Messa ha rilevato inoltre che “il secondo aspetto è come ricominciare a muoversi. Può sembrare una banalità però in realtà l’università ha sofferto di un immobilismo che antecede quello della pandemia. Era già presente prima. Ci siamo fermati e siamo rimasti nelle nostre città, nei nostri atenei, i nostri studenti bloccati dalla scarsità delle risorse economiche. E con le risorse a disposizione bisogna investire nella mobilità, in quella dei docenti, tra atenei e tra atenei e Centri di Ricerca, tra atenei e strutture industriali, mobilità degli studenti, e abbiamo ricordato come oggi l’Erasmus offre maggiori possibilità a più studenti.
Ma possiamo pensare anche alla mobilità all’interno del nostro Paese, a un Erasmus italiano. In questo senso vanno gli investimenti di un miliardo di euro del Pnrr per le residenze, per cui già una parte è stata bandita e una seconda parte sarà bandita molto presto, e anche le borse di studio che abbiamo aumentato, in particolare per i fuori sede e per le ragazze che scelgono le materie Stem. Quindi un grande movimento che dia luogo ad una nuova circolazione dei cervelli, che fa bene a tutti, ai giovani e ai meno giovani e in generale al mondo dell’insegnamento e della ricerca”.
Infine, “il terzo punto che vorrei toccare è meno pragmatico e più concettuale: dobbiamo ridare valore ai contenuti di tutte le nostre attività, passando oltre la forma, andando al merito delle questioni. Ci siamo dati tante regole che alla fine ci hanno fatto perdere il senso di quello che facciamo. Tutti noi sappiamo quanto impiegano i ricercatori, i docenti, il personale tecnico amministrativo, in attività che spesso non hanno a che vedere con le missioni che queste persone hanno, più o meno il 40% del tempo dei professori e dei ricercatori è impiegato in attività burocratiche, in adempimenti, e viene tolto al lavoro vero che bisognerebbe fare. Dobbiamo ridiscutere molti degli aspetti che ci caratterizzano. La didattica, che deve essere orientata ai saperi e alle connessioni tra questi saperi. Dobbiamo liberalizzare la didattica accettando l’interdisciplinarietà, il trasferimento sia teorico che pratico delle conoscenze e competenze, dobbiamo essere più flessibili”.
La vita del Campus è la vita di una città, che deve vedere la partecipazione di tutti alle attività che nascono nelle università, che non sono solo quelle delle lezioni, ma anche attività culturali, di discussione. Serve infine il protagonismo dei nostri studenti e delle nostre studentesse. Lo sono già su questioni fondamentali come nella lotta alle discriminazioni, alla parità di genere, ma nei discorsi che dobbiamo fare oggi serve anche un coinvolgimento degli studenti sull’utilizzo delle risorse che abbiamo. Dobbiamo farlo pensando a quello che vogliamo per il nostro prossimo futuro, dove i temi della formazione e della ricerca devono essere al centro di una ripresa che deve riguardare tutti noi in maniera inclusiva”.
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