Al teatro greco di Siracusa in scena fino ad agosto "Le Baccanti" del regista catalano Carlus Padrissa. Il testo di Euripide diventa un omaggio alle donne che lottano contro il potere e gli abusi sessisti.
Chi ha detto che modernizzare un’opera classica vuol dire snaturarla? A dimostrare che si può fare bene, anche quando si traspone un testo del 400 a. C. in chiave contemporanea, ci ha pensato il regista catalano Carlus Padrissa e la compagnia teatrale La Fura dels Baus in una versione de “Le Baccanti” di Euripide più attuale che mai, eppure fedelissima all’originale.
La prima dello spettacolo, in scena domenica 4 luglio 2021 a Siracusa – a cui ha assistito Marta Cartabia, ministra della Giustizia, l’ex presidente del Senato Pietro Grasso e l’attrice Lella Costa – sembra aver messo d’accordo pubblico e critica. La rappresentazione resterà in programma fino al 20 agosto e, grazie all’accordo di media partnership con Rai cultura, sarà tramessa integralmente da Rai 5.
Antico e moderno s’intrecciano superbamente nel corso di due ore e mezza di rappresentazione, in un’opera d’arte totale che sceglie di sfruttare tutto lo spazio che il teatro greco di Siracusa mette disposizione, incluso quello aereo, il colle Temenite e le gradinate del pubblico. Sulla scena, strutture metalliche, detriti della produzione industriale e un albero genealogico che da Caos arriva fino a Dioniso, protagonista della tragedia. Rappresentata per la prima volta nel 403 a. C., dopo la morte di Euripide, quest’ultima vinse le Grandi Dionisie nell’ambito di una trilogia che comprendeva “Alcmeone a Corinto” (oggi perduta) e “Ifigenia in Aulide”.
Nella rappresentazione di Padrissa, Dioniso è una donna ed è interpretato da una magnetica Lucia Lavia, che domina indiscussa sulla scena dall’inizio alla fine. Nato dall’unione tra la mortale Semele e Zeus, Dioniso torna a Tebe per convincere tutti di essere un dio e non un uomo. Penteo (Ivan Graziano), re della città, ne negava infatti la natura divina. Per questo motivo, un germe di follia è indotto in tutte le donne tebane, che fuggono sul monte Citerone e cominciano a celebrare i riti in onore del dio. Nascono, così, le Baccanti.
Interpretate da uomini e da donne, superando di fatto una netta separazione di genere, le Baccanti sorgono dal colle Temenite di Siracusa. In preda a una frenesia estatica, con canti e balli, si riversano come una marea sulle gradinate e verso il proscenio al grido di “Todos somos Baco”. Cadmo, nonno di Penteo interpretato da Stefano Santospago, e l’indovino Tiresia (Antonello Fassari), tentano di convincere il giovane a riconoscere Dioniso e a venerarlo. Il re di Tebe, tuttavia, si rifiuta e fa catturare il dio, che volutamente si fa imprigionare per poi scatenare un terremoto e liberarsi.
Nel frattempo, i riti delle baccanti si fanno sempre più furiosi e, dal Citerone, i messaggeri (Francesca Piccolo, Antonio Bandiera, Spyros Chamilos) riportano notizie inquietanti: le donne sono capaci di far sgorgare vino, latte e miele dalle rocce e, in preda a un momento di furore dionisiaco, hanno squartato una mandria di mucche. Il dio seduce, così, Penteo e lo convince a travestirsi da donna, per recarsi sul monte e spiare i rituali delle baccanti. Per il re di Tebe sarà, tuttavia, la fine: le Baccanti lo scambiano per una fiera e lo fanno a pezzi. A dare il via allo smembramento sarà la madre del re, Agave.
Proprio quest’ultima, interpretata dalla bravissima Linda Gennari che conferisce al personaggio un grande spessore tragico, riporta la testa di Penteo a Tebe, scambiandola per quella di un leone. A farla gradualmente tornare in sé sarà Cadmo, che svela alla donna l’orrore appena compiuto. Ex machina, appare così Dioniso – accompagnato dai 36 allievi dei tre corsi dell’Accademia d’arte del dramma antico della Fondazione Inda – che esilierà Cadmo e Agave, rivelando inoltre di aver organizzato tutto per punire coloro i quali non credevano nella sua natura divina.
Vocalizzi, tamburi, fumogeni rosa e intrusioni rap accompagnano tutto lo spettacolo, dove le Baccanti di Euripide si trasformano in un vero e proprio manifesto femminista ante-litteram. Come specificato dallo stesso regista, si tratta infatti di un omaggio alle donne messicane che, nel 2019, hanno manifestato contro il potere e gli abusi sessisti. Anche i costumi di scena sono ispirati a quelli apparsi nelle televisioni spagnole, in occasione delle proteste.
A dissipare ogni dubbio sulla portata politica della rappresentazione, ci pensano poi i cartelli e gli striscioni esibiti dalle donne tebane sul palcoscenico. Tra questi, alcuni noti slogan femministi: “We are the granddaughters of the witches you couldn’t burn” (Siamo le nipoti delle streghe che non siete riuscite a bruciare), o “My body, my choice” (Mio il corpo, mia la scelta). A racchiudere la furia delle Baccanti sarà poi il perentorio: “Si violan mujeres violamos sus leyes” (Se violano le donne, violiamo le loro leggi).
Oltre alla natura vitalistica ed erotica dei riti baccanali, quello che emerge nella modernizzazione di Padrissa è quindi l’aspetto furioso e furente delle protagoniste. Sovversive, ribelli e libere da ogni condizionamento di genere, le Baccanti si faranno portavoce di una nuova rivoluzione che punta, oltre che a esprimere la sessualità in ogni sua forma, a sovvertire il potere regale, rappresentato da un uomo che rifiuta di riconoscere un culto fuori dagli schemi patriarcali.
“Le Baccanti” di Euripide è considerata dalla critica una tra le tragedie più grandi di tutti i tempi. E se è vero che la regia di Padrissa ha il merito di tirarne fuori tutta la grandezza, è altrettanto vero che si rivela capace di sprigionarne la modernità senza mai superare il confine. Ben lontana dalle ri-attualizzazioni che non vanno al di là del mero esercizio di stile, quello in scena a Siracusa quest’anno è uno spettacolo corale che racchiude in sé tutta la contemporaneità di un testo antichissimo. Grazie a una nuova chiave di lettura brillante e convincente, il testo di Euripide trova così il modo di dialogare, ancora una volta, con il suo pubblico.
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