Tra le nuove matricole dell'Università degli Studi di Catania, adesso, si contano anche 6 detenuti: è l'obiettivo raggiunto grazie ad un accordo siglato tra Regione, atenei siciliani, amministrazione penitenziaria e Garante dei diritti dei detenuti.
L’Università di Catania permetterà anche a sei detenuti di studiare. Ciò è stato reso possibile grazie ad un accordo quadro siglato nel febbraio scorso tra l’assessorato all’Istruzione della Regione, gli atenei siciliani, il Provveditorato regionale per l’amministrazione penitenziaria e il Garante dei diritti dei detenuti.
Una “apertura” del mondo accademico di rilevante incidenza che consente e promuove il diritto all’istruzione universitaria all’interno dei poli penitenziari. Un’azione fortemente voluta dal rettore Francesco Priolo e dai docenti Fabrizio Siracusano e Teresa Consoli, referenti per l’Università di Catania ai rapporti con i Poli universitari penitenziari, che è stata portata avanti, nonostante l’emergenza pandemica, garantendo per l’anno accademico in corso l’iscrizione agevolata di sei studenti attualmente reclusi oltre all’assistenza didattica (compresi gli esami), al recupero degli Obblighi formativi aggiuntivi e alla possibilità di seguire le lezioni a distanza.
Una realtà promossa dalla Crui tre anni fa con l’istituzione della Conferenza Nazionale Universitaria dei Poli Penitenziari a cui l’ateneo catanese ha aderito dal dicembre scorso.
Lanciata più di 20 anni fa a Torino e replicata in numerose altre sedi universitarie, oggi sono coinvolti quasi 40 atenei che operano in oltre 80 istituti penitenziari.
Nell’anno accademico in corso sono 1.034 gli studenti detenuti iscritti, dei quali 109 (10,5%) in regime di esecuzione penale esterna, 549 (53,1%) che scontano una pena in carcere in circuiti di media sicurezza e 355 (34,3%) in alta sicurezza e 21 (2,1%) in regime 41bis. Le studentesse sono 64, il 6,2% del totale degli studenti.
Nel primo triennio di vita della CNUPP gli atenei aderenti con studenti attivi sono passati da 27 nel 2018-19 a 32 nel 2020-21 (incremento del +18,5%), gli istituti penitenziari in cui operano i poli universitari penitenziari da 70 a 82 (incremento +17,1%), mentre il numero di studenti iscritti da 796 a 1034 (incremento +29,9%). Tra questi dati spicca il notevole incremento della componente femminile, da appena 28 studentesse nel 2018-19 a 64 nel 2020-21, con un incremento del +128,6%. Sono impegnati oggi 196 dipartimenti universitari, il 37% dei dipartimenti presenti nei 32 atenei coinvolti.
Ben 896 sono gli studenti iscritti a corsi di laurea triennale (87%), mentre 137 frequentano corsi di laurea magistrale (13%). Le aree disciplinari più frequentate dagli studenti in regime di detenzione sono quella politico-sociale (25,4%) seguita dall’area artistico-letteraria (18,6%), giuridica (15,1%), agronomico-ambientale (13,7%), psico-pedagogica (7,4%), storico-filosofica (7,3%), economica (6,5%) e altre (6%).
La costituzione della CNUPP ha permesso agli atenei di garantire il diritto agli studi universitari per le persone private della libertà personale oltre ad una profonda valenza culturale per il Paese. In questi anni le interazioni avviate con il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, competente per le attività formative, ha permesso di siglare nel settembre del 2019 un protocollo d’intesa che definisce le modalità per il confronto permanente tra CNUPP e DAP. A breve saranno emanate delle linee guida condivise per regolamentare le attività di studio universitario all’interno degli istituti penitenziari italiani.
Grazie alla “conferenza” i referenti delle singole università possono confrontarsi continuamente su varie problematiche, scambiare buone pratiche, rivolgere istanze al DAP su singole situazioni e affrontare problematiche complesse (ad esempio i disagi dovuti ai trasferimenti dei detenuti studenti universitari da un istituto penitenziario ad un altro). Una rete istituzionale (tra atenei e amministrazione penitenziaria) che consente alle università pubbliche di garantire l’accesso e lo svolgimento degli studi anche a persone private della libertà nell’esercizio di un diritto costituzionale.
In futuro la CNUPP sarà impegnata a migliorare la qualità della formazione dei detenuti attraverso modelli didattici innovativi (didattica a distanza anche oltre la pandemia), le performances degli studenti (diminuzione degli abbandoni, incremento degli esami sostenuti e dei laureati) e raccordo tra istruzione secondaria superiore all’interno degli Istituti e Università.
Previsti anche miglioramenti della formazione del personale dell’amministrazione penitenziaria e dello sviluppo di attività di ricerca sulle problematiche carcerarie. Percorsi sinergici che possono trasformare la detenzione da un tempo “sospeso” ad un periodo fecondo in cui il cittadino condannato può intraprendere una formazione universitaria utile al proprio capitale umano, strumento indispensabile per ridurre i rischi di recidiva, con benefici per il singolo e per tutta la società italiana.
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