Forse non tutti sanno che la prima donna ad ottenere la licenza ad esercitare la professione medica era ebrea, e proveniva da Catania. Virdimura, questo il suo nome, visse nel Medioevo, epoca di pregiudizi e rischi di ogni genere per le donne che si avvicinavano alle arti curative: questo non la fermò dal presentarsi di fronte ad una commissione regia.
Lo scorso mese, il Comune di Catania ha ufficializzato la rinomina di alcune piazze, slarghi e vie in lungo e in largo per la città etnea. Particolare l’interesse nei confronti dell’universo femminile; tra i molti nomi onorevoli scelti, incuriosisce senza dubbio quello di Virdimura, alla quale è stato dedicato un toponimo nelle vicinanze della caserma dei vigili del fuoco di San Giovanni Galermo.
Un nome di particolare interesse, dietro al quale si nasconde una storia speciale: Virdimura fu, infatti, la prima donna medico ad esercitare la propria professione ufficialmente in Sicilia. Ma quando e dove è vissuta Virdimura? Come divenne medica? Quali prove dovette affrontare? Infine, quale altra nota figura venne ispirata dal suo esempio?
Si sa ben poco della figura di Virdimura. Ebrea, catanese, forse figlia di un dottore, era sposata a Pasquale di Catania (secondo altre fonti, De Medico), il quale esercitava la professione medica. La vita professionale di Virdimura, a differenza di quella del marito, non deve essere stata delle più semplici: essere donna ed esercitare arti mediche, in pieno Medioevo, spesso e volentieri non poteva che condurre al rogo, con l’accusa di stregoneria.
Eppure Virdimura, nonostante vivesse in un tempo così incerto, possedeva delle capacità tali da operare ancor prima di ottenere quella che oggi chiameremmo l’abilitazione ad esercitare la propria professione, qualcosa che, fino ad allora, non era mai stata concessa ad una donna. Ecco perché decise di recarsi a Palermo, di fronte alla commissione regia istituita secondo le disposizioni dello stupor mundi, Federico II di Svevia, nel 1212.
La donna, dunque, venne esaminata da una commissione di dottori di corte, e il 7 novembre del 1376 ottenne l’ambita licenza, stando alla leggenda, con molte lodi: venne così abilitata a operare nel territorio del regno di Sicilia. Virdimura, prima medica abilitata in Sicilia, venne lodata negli anni a venire non solo per la sua eccellenza, ma anche per la sua bontà: per sua specifica richiesta, ella operò non solo per le donne, ma anche per disabili e per le classi meno abbienti.
Molti anni dopo l’abilitazione di Virdimura a medica, secondo le leggende, un’altra donna catanese si fece notare per le sue capacità mediche. Bella de Paija, che come racconta la tradizione abitava ed esercitava a Mineo, viene ricordata per aver ottenuto la licenza ad esercitare non tramite esame come Virdimura anni prima, ma tramite decreto regio.
Il decreto venne emanato nientemeno che dalla regina Bianca di Sicilia: la motivazione apposta nel documento, datato 6 settembre 1414, spiega come praticasse “cum sanitati di li pacienti”. In un secondo momento, Bella de Paija verrà anche esonerata da pagare ogni tipo di tassa.
Al contrario di Bella de Paija, Virdimura viene ancora oggi ricordata nel mondo medico. A suo nome, infatti, è stato istituito il Premio Internazionale Virdimura, giunto, quest’anno, alla sua settima edizione. Nato per celebrare l’importanza del ruolo della donna all’interno tanto della società quanto delle istituzioni, si cerca, ogni anno, di evidenziare come sia essenziale, ora più che mai, eliminare ogni forma di discriminazione di genere.
La storia di Virdimura, così come quella di Bella di Paija, è quella di due donne che hanno avuto il coraggio di rompere gli schemi prestabiliti, sfidare i preconcetti dell’epoca e dare il via ad una generazione di dottoresse dotate, riconosciute al pari degli uomini. Una storia che ora più che mai, trovandosi ad oggi la gran parte delle donne a combattere contro la discriminazione di genere alla quale sono sottoposte in ogni campo, da quello lavorativo a quello concernente la vita di ogni giorno, ispira a perseguire il proprio obiettivo, cercando di farsi riconoscere ad ogni costo per la propria eccellenza.
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