Oggi è la giornata mondiale contro l'Aids, ma i numeri non sono incoraggianti. L'epidemia da Covid-19 ha frenato terapie e diagnosi: ecco tutti i dati.
Oggi è la giornata mondiale contro l’Aids, ma i dati su una malattia che porta ancora con sé molti pregiudizi non sono incoraggianti. Nel 2019 i progressi nella lotta all’Aids erano rallentati, ma la pandemia da Covid-19 ha portato ad interrompere, almeno nella prima parte dell’anno, molti servizi di terapia e diagnosi, ha dato la battuta finale d’arresto vanificando gli obiettivi previsti per il 2020.
Nel 2019 sono state 38 milioni le persone sieropositive nel mondo, 1,7 milioni le nuove diagnosi e 690mila le persone morte per cause collegate all’Hiv. Un prezzo molto alto lo pagano i bambini e gli adolescenti, i più trascurati e spesso senza accesso alle cure, come emerge dai dati presentati da Oms e Unicef in occasione della Giornata mondiale dell’Aids, che si celebra oggi.
L’anno scorso 320.000 bambini e adolescenti sono rimasti contagiati dall’Hiv, 1 ogni 100 secondi, ma come denuncia l’Unicef, poco più della metà dei bambini nel mondo ha avuto accesso alle terapie salvavita, molto al di sotto della copertura offerta alle madri (85%) e agli adulti sieropositivi (82%). Circa 110.000 bambini sono morti di Aids nel 2019. Il problema comunque è anche generale. Nonostante gli sforzi compiuti, i progressi per aumentare i servizi per l’Hiv avevano subito una frenata già prima della pandemia, rendendo impossibile raggiunge l’obiettivo prefissato per il 2020 del ’90-90-90′, cioè avere il 90% dei sieropositivi consapevoli della loro situazione, il 90% delle persone diagnosticate in terapia, e il 90% di chi è in trattamento con soppressione virale. Traguardi mancati che renderanno ancora più difficile raggiungere la fine dell’aids entro il 2030, rileva l’Oms.
L’interruzione dei servizi essenziali per l’Hiv dovuta alla pandemia mette a rischio molte vite per l’impossibilità di far muovere le persone, far arrivare i farmaci e i danni economici che rendono questi servizi inaccessibili per molti. Lo scorso luglio un terzo delle persone in trattamento ha subito interruzioni delle forniture. Secondo l’Oms e Unaids, sei mesi di interruzione nell’accesso ai farmaci per l’Hiv può portare ad un raddoppio delle morti collegate all’Aids nel 2020 nell’Africa Sub-sahariana.
In Italia nel 2019 sono stati segnalati 571 nuovi casi di Aids e 2.531 nuove diagnosi di infezione da Hiv, pari a 4,2 nuovi casi per 100.000 residenti. Un’incidenza lievemente inferiore a quella dell’Unione Europea (4,7 nuovi casi per 100.000). Diversamente dagli anni precedenti, in cui la modalità di trasmissione più frequente erano i rapporti etero-sessuali, nel 2019 per la prima volta la quota di nuove diagnosi riferibili a maschi che fanno sesso con maschi è pari a quella attribuibile ai rapporti etero (42%). Continuano a calare le nuove diagnosi di Hiv negli stranieri, mentre aumenta dal 2017 la quota di persone a cui viene diagnosticata tardivamente l’infezione da Hiv.
Come rileva Silvia Mancini, epidemiologa di Medici senza Frontiere, “rispetto alla pandemia di Covid-19 dobbiamo evitare il ripetersi della tragedia causata dall’epidemia di Hiv/Aids 20 anni fa, quando le terapie antiretrovirali sono arrivate nei Paesi a risorse limitate soltanto 10 anni più tardi”.
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