Con il nuovo Dpcm, da oggi, gli italiani rinunciano per la seconda volta ad un film in sala, alla musica dal vivo, agli applausi veri. Ma davvero accantonare la cultura e l'arte risulta necessario al fine di salvaguardare la salute pubblica? Il settore dello spettacolo, oltre che alcuni dati, racconta un'altra verità.
“Sono sospesi gli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche e in altri spazi anche all’aperto”: con poche parole, estrapolate dall’Articolo 1 del nuovo Decreto della Presidenza del Consiglio, si sancisce il secondo stop di un intero comparto che, a fatica e solo in parte, aveva tentato di ripartire in questi ultimi mesi, dopo la fine del lockdown.
Il Dpcm in questione, firmato dal premier Giuseppe Conte nella notte tra il 24 ed il 25 ottobre ed in vigore a partire da oggi, resterà valido almeno fino al prossimo 24 novembre. Nel frattempo molti sono costretti a riporre nel cassetto, ancora una volta e a malincuore, divise e costumi, strumenti e spartiti, copioni e microfoni.
Nelle scorse ore, molti cinema hanno salutato a malincuore i propri clienti, annunciando di dover abbassare temporaneamente le saracinesche.
Queste malinconiche parole si accompagnano a quelle, cariche di preoccupazione, della lettera inviata da Carlo Fontana, presidente dell’AGIS (Associazione Generale Italiana dello Spettacolo) al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ed al Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Dario Franceschini.
“Esprimiamo la nostra contrarietà, insieme a larghissima parte dell’opinione pubblica– si legge nella lettera- rispetto alla ipotesi prevista nel DPCM in merito alla sospensione delle attività dei teatri, dei cinema e dei luoghi di spettacolo”.
Tuttavia, non si tratta della prima lettera indirizzata alle autorità dall’associazione. Già in seguito all’approvazione del Dpcm dello scorso 13 ottobre (che ribadiva il limite di 200 partecipanti per spettacoli al chiuso e di 1000 per quelli all’aperto, oltre che la necessità di occupare posti adeguatamente distanziati), il presidente Fontana aveva ringraziato per l’attenzione rivolta al settore ma, al tempo stesso, richiesto per iscritto l’avvio urgente di un tavolo di discussione, un confronto con il Ministero volto ad affrontare le criticità degli operatori dello spettacolo.
Secondo le parole del presidente dell’AGIS, questi ultimi vivevano già prima dell’approvazione dell’ultimo Dpcm una condizione economica incerta e complessa, tale da non consentire loro un’adeguata programmazione per l’anno 2021.
La più recente decisione di apporre i sigilli a cinema, teatri e sale da concerto nasce dal bisogno di contrastare la preoccupante risalita della curva epidemica. Ma davvero oggi, parlando di spettacolo, risulta necessario scegliere tra salute e lavoro?
“Come evidenziato dai dati di una ricerca da noi effettuata e trasmessa alle Istituzioni ed agli organi di informazione, i luoghi di spettacolo si sono rivelati tra i più sicuri spazi di aggregazione sociale– ha sottolineato Carlo Fontana nella lettera di ieri-. Riteniamo, pertanto, che la misura prevista sia ingiustamente penalizzante rispetto al nostro settore. Sono stati siglati accordi e protocolli a livello territoriale ed a livello nazionale con le Organizzazioni di categoria per garantire la salute e la sicurezza e tutte le imprese del comparto si sono adeguate assumendosi onerosi investimenti per elevare il livello di prevenzione sia per i lavoratori che per gli spettatori”.
Secondo quanto emerso dalle dichiarazioni di Carlo Fontana, lavoratori del settore e spettatori avrebbero agito, di comune accordo, in maniera responsabile: i primi assumendo decisioni e comportamenti adeguati, i secondi dimostrando senso civico. Ciò avrebbe permesso di fornire garanzie in termini di salute e sicurezza ed i numeri sembrerebbero dimostrare la validità di tali affermazioni.
Di fatto, secondo un’indagine elaborata dall’AGIS che copre tutto il territorio nazionale, su 347.262 spettatori in 2.782 spettacoli monitorati (tra lirica, prosa, danza e concerti e con una media di 130 presenze per ciascun evento), nel periodo compreso tra il 15 giugno, giorno di riapertura dopo il lockdown, e l’inizio ottobre, si è registrato un solo caso di contagio da Covid-19 sulla base delle segnalazioni pervenute dalle ASL territoriali .
“Una percentuale, questa, pari allo zero e assolutamente irrilevante– si legge in una nota dell’AGIS- che testimonia quanto i luoghi che continuano ad ospitare lo spettacolo siano assolutamente sicuri“.
Il solo positivo indicato tra i dati dell’indagine, elaborata su un campione interamente rappresentativo della pluralità dei generi e dei settori dello spettacolo dal vivo, è stato individuato grazie all’APP IMMUNI. Successivamente, ulteriori accertamenti sanitari hanno certificato la negatività di tutti gli spettatori entrati in contatto con lo stesso.
Certo delle capacità di gestione di chi guida e mantiene vivo il settore e pronto a dimostrarle nelle sedi opportune, il presidente Fontana ritiene che vi siano i presupposti necessari ad escludere teatri, sale cinematografiche e da concerto dai nuovi provvedimenti restrittivi.
“Chiediamo sin da subito l’apertura di un tavolo- termina così la lettera di ieri-al fine di individuare possibili strumenti idonei ad affrontare le situazioni di maggiore sofferenza e a garantire più certezza per il futuro”.
Anche Mario Lorini, presidente dell’ANEC (Associazione Nazionale Esercenti Cinema), ha trasformato delusione e sconcerto in parole destinate a raggiungere il premier Conte ed il ministro Franceschini.
“In questo momento la priorità collettiva è comprensibilmente rivolta alla salvaguardia della vita e della salute della popolazione, ma è di assoluta importanza fugare il dubbio che la chiusura del comparto dello spettacolo non sia dovuta a criticità legate alla sicurezza che è invece in grado di garantire con livelli altissimi– si legge nella lettera firmata da Lorini- ma sia un agnello sacrificale immolato per salvare altri settori che continuano, per il momento, a poter operare in regime di normalità, seppur con limitazioni.
La chiusura imposta da lunedì 26 ottobre– continua il presidente dell’ANEC-fa crollare tutto il lavoro svolto dalle singole imprese del settore nel dialogo con la propria clientela per condividere il concetto di assoluta sicurezza e nel tentativo di ristabilire un rapporto con il proprio pubblico”.
L’ANEC rivendica la necessità di lavorare fin da subito per predisporre un piano della ripartenza ed evitare di compromettere il periodo di maggior appeal di tutto l’anno, ovvero le festività natalizie.
Anche l’Associazione Cultura Italiae, poi, ha lanciato il proprio appello e raccolto già migliaia di firmatari. Ma quante e quali risposte ha ricevuto chi si occupa di cultura e forme d’arte? Nelle scorse ore il ministro dei Beni Culturali e del Turismo, Dario Franceschini, ha replicato così agli appelli di questi presidenti, destinati a non rimanere isolati.
“Un dolore la chiusura di teatri e cinema– ha dichiarato su Twitter Franceschini-. Ma oggi la priorità assoluta è tutelare la vita e la salute di tutti, con ogni misura possibile. Lavoreremo perché la chiusura sia più breve possibile e come e più dei mesi passati sosterremo le imprese e i lavoratori della cultura”.
Nel frattempo, nel corso della conferenza stampa tenutasi ieri, il presidente Conte ha tentato di tranquillizzare i lavoratori penalizzati da queste nuove misure: per loro sarebbero già pronti degli indennizzi. Il Premier ha, per esempio, promesso di offrire una nuova indennità mensile una tantum per gli stagionali del turismo, spettacolo ed i lavori intermittenti dello sport.
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