In Sicilia, ogni occasione è buona per tirar fuori il mazzo di carte e sfidarsi all'ultima figura. Spesso non ci si rende conto però di avere tra le mani un vero e proprio pezzo di storia, risalente nientemeno che alla cultura araba.
“Briscola!”, esulta il nonno, seduto al tavolo, circondato da figli e nipoti. “Scopa!”, urla un signore di una certa età da un tavolino, spesso organizzato alla bell’e meglio, in una piazza, o al parco comunale più vicino. “Tombola!”, gridano gioiosi i più piccoli, a Natale o Capodanno, giocando circondati dalla propria famiglia dopo un lungo e infinito pasto celebrativo.
Chi vive o ha vissuto in Sicilia, riesce quasi a sentire le voci dei pronuncianti di queste esclamazioni: fanno parte della cultura tradizionale, della vita di ogni giorno. Cosa accomuna questi attimi di gioia? Un mazzo da 40 carte, le carte regionali siciliane. Un qualcosa che è da sempre presente nella vita di ogni giorno, sia per un’agguerrita partita a Ti vitti quanto per un solitario. Ma da dove provengono? Da quanto, effettivamente, sono presenti nella nostra vita?
Non è sicuro l’esatto momento in cui le carte da gioco, o almeno quelle raffiguranti i semi che oggi conosciamo, abbiano fatto il loro ingresso nell’ambiente europeo. Tutte le teorie finora date per veritiere concordano su un fatto: esse sono state introdotte, inizialmente in Spagna, dagli Arabi, più in particolare dai Mamelucchi Egiziani, intorno al XIV secolo.
Dalla Spagna, sempre grazie all’influenza araba, le carte da gioco sono arrivate sino al Sud Italia, dunque in Sicilia. Lungo la strada per arrivare sino all’Isola, le carte appartenenti alla cosiddetta baraja española hanno trovato più di un terreno fiorente dove diffondersi e svilupparsi.
Ecco perché, oltre che in Sicilia, Sardegna e a Napoli, gli stessi semi possono essere trovati nel piacentino, in Emilia Romagna, inoltre nel Rossiglione francese. Semi similari, infine, si trovano nella versione marocchina: seguono la variante Cadíz, proveniente sempre e comunque dalla baraja española.
Il mazzo siciliano, come si sa, è composto da 40 carte, dieci per ogni seme. Questi ultimi provengono senza dubbio dal mazzo dei Mamelucchi: seppur formato da 52 carte, tra di esse era possibile trovare i Jawkân (quelli che oggi definiremmo “bastoni da polo”), i Darâhim (denari, gli attuali ori), le Suyûf (o spade), infine le Tûmân (o coppe).
Ma non è l’unico elemento arabo che è arrivato sino ai giorni nostri. Basti pensare, infatti, alle figure a cavallo: quel colore grigio, non è inusuale per un equino? La risposta arriva dalla cultura araba: spesso le figure più importanti venivano raffigurate a cavallo di un asino, non simbolo di scherno ma di umiltà spirituale, la stessa con la quale si entrava in pellegrinaggio nella città di Medina, dove è possibile trovare la tomba del Profeta.
Il colore grigio dell’asino e la rappresentazione, nelle carte siciliane più vecchie, dei cavalieri a dorso d’asino hanno portato a denominare la figura come Sceccu, o Sciccareddu. L’influenza araba, già presente nella figura, è in questo caso presente anche linguisticamente: il termine sceccu non arriva altro che da shaykh, termine arabo dato a chi gode di grande rispetto, dagli anziani fino alle figure importanti, o reggenti.
Ma le trasformazioni delle carte siciliane non si fermano qui, vi è un simbolismo unico e particolareggiato al quale fare attenzione. Ad esempio, nel tre d’oro è possibile trovare raffigurata la Trinacria, simbolo della Sicilia. O ancora, nel cinque d’oro si può trovare una biga: non è inusuale trovare al suo posto, nei mazzi più antichi, la figura di Garibaldi. Una garibaldina è infine la donna di coppe; seppur rappresentata con una dolcezza di forme tipicamente femminile, la carta originariamente rappresenta un fante: ecco il perché degli abiti mascolini e delle armi alla mano.
La storia e la cultura tradizionale, dunque, confluiscono nelle carte da gioco, nella loro lunga storia iniziata dalla Spagna fino al suo arrivo in Sicilia. Aprendo il cassetto dove i parenti più anziani custodiscono gelosamente il mazzo, non ci si rende conto, spesso, di portare alla luce, per un solitario o una partita a più giocatori, un vero e proprio pezzo di storia. Ancora una volta, le innovazioni della cultura araba sono arrivate sino ai giorni nostri: pronti a lanciare le proprie figure, nella speranza di vincere una sfida a carte?
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