La grotta di Santa Sofia, nel quartiere di Cibali, sarebbe circondata da diverse leggende popolari. Una di questa narra di sacrifici umani.
La grotta di santa Sofia si cela nelle profondità del quartiere Cibali di Catania, nel cuore più tranquillo della Cittadella Universitaria. Tra il via vai di studenti e professori, affaccendati in esami e lezioni, non tutti conoscono, forse, l’esistenza di questo luogo di inestimabile valore naturalistico e non solo. Le profondità terrestri, con le loro voragini e aperture, hanno da sempre ispirato racconti di fantasia, divenuti nei secoli radicate leggende popolari. E Catania, con un sottosuolo tra i più ricchi di caverne, gallerie vulcaniche e antichi resti, non fa certo eccezione.
Anche intorno alla grotta di Santa Sofia, ubicata sull’omonima collina, circolano voci e misteri inquietanti e seducenti al tempo stesso. Delle affascinanti leggende in merito a questa caverna parla, nel suo saggio sui miti delle grotte dell’Etna, Giancarlo Santi. Si narra, infatti, che essa fosse anticamente la porta per l’Ade, ma si mormora altresì di ricchissimi tesori e atroci sacrifici umani.
A essere sinceri sono più di una le grotte catanesi, e non soltanto, a contendersi il titolo di porta verso il regno dei morti. L’idea delle aperture nella crosta terrestre, evidentemente, evocava in passato una particolare suggestione. Nella città etnea, ad esempio, anche la grotta di San Giovanni, nel quartiere di San Giovanni Galermo, è nota per essere l’entrata degli Inferi.
Si narra, pertanto, che la grotta di Santa Sofia fosse l’accesso verso l’Ade, dal quale Plutone era emerso per rapire la bella Persefone. Leggenda vuole, tra l’altro, che in questo luogo sorgesse in origine un tempio dedicato a Cerere, dea delle messi e madre di Persefone. Al suo interno pare che fosse custodito il fuoco sacro, tenuto al sicuro da due pericolosi mastini. L’esistenza del tempio non ha mai avuto nel tempo certificazioni, ma sarebbe legata a un’altra versione storica riguardante la presenza di un monastero di donne, conosciuto sotto il nome di “Santa Sofia”.
La tradizione imporrebbe che il monastero fosse stato fatto edificare in Sicilia su ordine di Giuliano di Le Mans, un vescovo cristiano inviato in Gallia a predicare alle tribù locali.
Alla grotta di Santa Sofia, tuttavia, s’incrociano trame più intrigate e inquietanti, che condussero alla conseguente ostruzione della caverna. Per moltissimo tempo, infatti, circolarono a Catania voci riguardante la presunta esistenza di un faraonico tesoro, celato all’interno della cavità sulla collina di Cibali. Si racconta che essa divenne preda di moltissimi avventori, i quali giungevano sul posto nella speranza di poter trovare la fortuna, divenendo padroni di un’immensa ricchezza. Queste incursioni costrinsero, infine, il proprietario del terreno a interrare la grotta definitivamente, impedendo l’accesso a chiunque.
Il mito descrive la presenza di un patrimonio, costituito da sette enormi cufini (grandi ceste) ricolmi di monete d’oro. Tuttavia, soltanto sette uomini coraggiosi, tutti dal medesimo nome, potrebbero prendere il tesoro, addentrandosi nella grotta di notte ed eseguendo un misterioso e complesso rituale.
Leggenda vuole, in effetti, che nessuno possa uscire dalla grotta con in spalla il bottino, poiché ciascun avventuriero verrebbe colto da un improvviso e profondo sonno. Il trucco per scampare a un tale destino sarebbe quello di sacrificare due bambini di sesso opposto all’interno della caverna.
Non si hanno notizie certe, ma si sospetta, tuttavia, che qualcuno abbia effettivamente cercato di compiere questo orrido rituale, in nome di un’incerta e inverosimile leggenda. Nei secoli, infatti, si sarebbe assistito all’inquietante sparizione di coppie di bambini, mentre si vocifera che un pastore, moltissimi anni fa, avrebbe rinvenuto all’interno di una “quartara” i cadaveri di due infanti.
Durante la Prima Guerra Mondiale, inoltre, si racconta dell’atroce scoperta di due scheletri di bambini, scoperti nel corso della costruzione di un casolare.
Ai nostri giorni la grotta di Santa Sofia resta inaccessibile, mentre tutt’intorno si è sviluppato negli anni un quartiere popoloso e vivace, che ospita oggi anche una delle più importanti sedi dell’Università di Catania.
I grossi massi che la ostruiscono rappresentano l’unica parte visibile della cavità, circondata da quel che resta della vegetazione tipica della zona e dagli imponenti edifici universitari. Le antiche dicerie e superstizioni non esercitano più, fortunatamente, le vecchie fascinazioni frutto dell’ignoranza, sebbene le voci di intrighi e misteri contribuiscano a fomentare l’attrattiva di questo luogo. Chissà, pertanto, che non si decida in futuro di riaprirla e valorizzare l’importanza geologica naturale della grotta di Santa Sofia, esaltando ancora di più la bellezza del fertile sottosuolo catanese.
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