Secondo la leggenda, se una biscia vi attraversa la strada mentre passeggiate per le vie di Erice, vi siete appena imbattuti nello spirito della Bellina.
Sospesi in un fascino senza tempo, passeggiare per i vicoli del borgo medievale di Erice, in provincia di Trapani, significa fare un tuffo in un’epoca passata e lontanissima, eppure ancora viva tra le sue pietre. Se percorrendo le vie del paese vi doveste poi imbattere in una biscia nera, che vi taglia la strada, si potrebbe trattare dell’anima errante della povera Bellina, una fanciulla bellissima e tormentata da un amore impossibile. La leggenda della Bellina arricchisce, ancora oggi, di mistero e fantasia il borgo di Erice, avvolgendolo tra le nebbie di un luogo quasi mitologico.
Si narra che, intorno al XIII secolo, a Erice vivesse un’affascinante e giovanissima ragazza, ammirata e invidiata da tutti per i suoi lunghi capelli corvini e i suoi tratti da angelo. Si dice che fosse talmente bella che nessun uomo riuscisse a resistere al suo fascino, non a caso aveva intorno sempre un gran numero di pretendenti. Bellina, tuttavia, era solita rifiutarli uno per uno e nessuno, per quanti sforzi facesse, era in grado di raggiungere il suo cuore.
La giovane trascorreva le sue giornate protesa dalla finestra, con lo sguardo costantemente rivolto al mare, in apparente attesa di qualcosa o qualcuno che tardava ad arrivare. In realtà, si mormorava che aspettasse il ritorno di un uomo, l’unico al mondo a cui aveva acconsentito di cedere il suo amore, ma che subito era stato costretto a partire in guerra. Il soldato, prima di lasciare Erice, aveva fatto dono alla fanciulla di un anello, simbolo della loro unione e promessa di una vita insieme, non appena avesse fatto ritorno. L’uomo, però, non tornò mai dalla battaglia, ma Bellina, innamorata e devota, non smise di attenderlo.
Tra i numerosi pretendenti della bella fanciulla, vi era, comunque, anche un ricco e intransigente barone, il quale non volle assolutamente rassegnarsi a essere respinto. Si accordò, quindi, con un mago oscuro per riuscire a ottenere l’amore della ragazza tramite un meschino sortilegio. S’impossessò scaltramente dell’anello della ragazza, facendolo sottrarre da un gioielliere suo alleato, che promise alla giovane di pulirlo e restituirlo. Il barone, al contrario, adoperò l’anello per trarre in trappola Bellina, nella speranza di costringerla a concedersi a lui.
Dopo aver contattato la fanciulla, l’uomo la invitò a un incontro, promettendole di restituirle l’anello. In cambio del monile, però, il barone pretese da Bellina un bacio, il quale, grazie all’incantesimo eseguito dal mago, avrebbe fatto in modo che la fanciulla s’innamorasse immediatamente di lui.
La coraggiosa e tenace Bellina, tuttavia, si rifiutò strenuamente di unire le proprie labbra a quelle del perfido aristocratico, che, incollerito, gettò l’anello tra alcuni rovi lì vicino. Alla disperata ricerca del suo pegno d’amore, la fanciulla si punse con una spina e, per effetto del sortilegio, si tramutò in una biscia nera. La magia oscura, comunque, non lasciò impunito il barone, trascinato negli Inferi da una schiera di demoni vendicativi.
Da quel giorno si racconta che, ogni qualvolta un passante s’imbatta davanti a una biscia nera per le vie di Erice, egli si trovi, in realtà, al cospetto dell’anima di Bellina. Quest’ultima, intrappolata nell’umile animale, si aggira tra i rovi e i luoghi abbandonati del borgo medievale trapanese, alla ricerca del suo anello.
Soltanto quando il pegno d’amore sarà restituito alla legittima proprietaria, Bellina potrà trovare la pace e dire addio alla sua forma da serpente, ricongiungendosi, finalmente, con il suo amato.
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