Finzia e Damone erano uniti da un legame così forte da commuovere persino il crudele Dioniso. A Siracusa la leggenda di un’amicizia sincera che prevalse sulla tirannia.
Nell’era dei rapporti virtuali, delle chat e delle connessioni, la leggenda dell’invincibile amicizia di Finzia e Damone continua ad affascinare e commuovere. Teatro di questo coinvolgente mito greco non può che essere Siracusa, una delle città della Magna Grecia più ricche di fascino mitologico e cornice di numerose e fantasiose storie di eroi, ninfe, amori e vendette divine. A intrecciarsi alla cultura e alla storia della città siciliana sono stavolta le vicende prettamente umane di due amici e del loro coraggio contro la tirannia e la crudeltà. Stando alla leggenda di Damone e Finzia, infatti, un legame sincero e leale di amicizia avrebbe messo a tacere anche la violenza dell’inflessibile tiranno Dioniso.
La storia di questi due valorosi guerrieri greci sembrerebbe appartenere ad Aristosseno, filosofo della Grecia antica e compositore, ma moltissimi altri autori avrebbero successivamente narrato le gesta dei due personaggi. Tra questi, Cicerone li descrisse nel suo “De officiis”, mentre Valerio Massimo ne raccontò le vicende nell’opera “De amicitiae vinculo”. La leggenda ha inizio nel IV secolo a.C. ed elogia l’indissolubile legame tra due giovani combattenti, Finzia e Damone, entrambi seguaci del filosofo Pitagora.
Giunti alla città aretusa, tuttavia, essi non poterono non notare e biasimare il governo spietato di Dioniso, tiranno di Siracusa. Finzia decise, quindi, di organizzare un colpo di stato attraverso il quale destituire Dioniso e instaurare una democrazia pitagorica. Durante la notte s’introdusse nel palazzo del tiranno e, armato di pugnale, si apprestò a scagliare il colpo mortale. Poco prima che potesse compiere il suo piano di morte, però, il giovane venne fermato e catturato dalle guardie e, al cospetto di Dioniso, gli venne decretata la pena di morte. Baciato dalla buona sorte o forse prediletto da qualche divinità, comunque, il destino di Finzia non era ancora giunto al termine.
Il coraggioso Finzia accettò a testa alta la sentenza di morte, ma supplicò il tiranno perché gli concedesse il tempo necessario a congedarsi per sempre dall’amata madre. Improvvisamente commosso da quell’amore filiale, il tiranno di Siracusa acconsentì perché il guerriero facesse ritorno in patria per dare l’ultimo saluto e sistemare i suoi affari. Tuttavia, ordinò che Damone restasse come garante del patto dell’amico, che, quindi, partì alla volta di casa. Il tempo a disposizione per il viaggio era di soli tre giorni, conclusi i quali, se Finzia non avesse fatto ritorno, il tiranno avrebbe preso in cambio la testa di Damone.
Dioniso, che era estraneo ai sentimenti di amicizia e lealtà, già pregustava il momento in cui il capo di Damone avrebbe penzolato sulle mura della città. Effettivamente i giorni trascorsero senza che fosse avvistata la nave con a bordo Finzia, ma, nonostante ciò, il puro Damone non dubitò mai della promessa fatta dall’amico e attendeva fiducioso il suo ritorno.
Al terzo giorno, quando il boia era ormai pronto a eseguire la crudele sentenza, Finzia apparse, pronto a espiare la sua punizione e assolvere alla sua promessa. Raccontò di aver dovuto affrontare tempeste e pirati, pur di riuscire a tornare in tempo.
Quella prova di amore fraterno tra i due parve, incredibilmente, disintegrare la corazza da dittatore inflessibile che Dioniso indossava sempre e, almeno per una volta, volle scegliere il perdono al posto della vendetta. Esterrefatto e impietosito da tanta generosità, fiducia e amicizia sincera, decretò che entrambi fossero lasciati liberi di vivere e chiese ai due l’onore di poter essere considerato alla stregua di un vero amico.
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