Università di Catania

UNICT – Università del Sud in declino: allarme lanciato dal prof. Viesti

Gianfranco Viesti, economista pugliese, lancia un monito agli Atenei del Sud Italia per fermare il calo degli studenti.

Nella giornata di ieri il prof. Viesti ha incontrato studenti e docenti dell’Ateneo di Catania e queste sono state le sue osservazioni riportate nel comunicato stampa dell’Università di Catania:

“Il declino del sistema universitario del Mezzogiorno sembra inarrestabile, lo confermano i tagli progressivi del Fondo di finanziamento ordinario e il calo degli iscritti: l’Università di Catania, ad esempio, tra il 2008 e il 2018 ha perso il 19,5% di Ffo e il 27% degli iscritti. È ovvio che pesano tanti fattori: siamo il Paese in Europa che investe meno nell’università, la continua migrazione dal Sud verso il Nord, ma anche i meccanismi di riparto del Ffo aumentano il divario tra le regioni italiane”. Un quadro, quello “disegnato” dal prof. Gianfranco Viesti, ordinario di Economia applicata all’Università di Bari e autore del volume “Verso la secessione dei ricchi? Autonomie regionali e unità nazionale” (Laterza, 2019), che è stato illustrato ieri pomeriggio, nell’aula magna del Palazzo centrale dell’Università di Catania, nel corso dell’incontro dal titolo “Rischi e opportunità dell’autonomia differenziata – Riflessioni e proposte per l’università, l’economia e la società siciliana“.

“L’autonomia regionale differenziata, su cui Veneto, Emilia-Romagna e Lombardia stanno pressando molto e che riguarda la gestione di alcune importanti materie come l’istruzione e la ricerca scientifica, le infrastrutture e la tutela dell’ambiente, le politiche del lavoro e la sanità, rappresenta un tema che riguarda tutti gli italiani” – ha aggiunto il prof. Viesti alla presenza del rettore Francesco Priolo e del dott. Giuseppe Nobile, Dirigente responsabile del servizio “Statistica e analisi economica” della Regione Siciliana – “È una grande questione giuridica e politica che può portare ad una vera e propria “secessione dei ricchi”, spezzettando l’istruzione, creando cittadini con diritti di cittadinanza di serie A e di serie B a seconda della regione in cui vivono. Non è un caso che la Lombardia da anni voglia sganciarsi dal sistema universitario nazionale, una situazione che ci riporta a quella autonomia differenziata già applicata da dieci anni grazie a norme rimaste largamente simili, ma con criteri di riparto delle risorse economiche che sono cambiati in maniera oscura, in maniera molto discutibile e che hanno enormemente penalizzato tutto il Centro-Sud e soprattutto le Isole. Sono temi difficili da un punto di vista tecnico che devono essere discussi all’interno delle università, ma non riguardano soltanto gli specialisti: tutti i cittadini e quindi gli atenei devono svolgere un ruolo di “traduzione” di queste questioni a beneficio di tutti e far capire che in un Paese democratico si devono affrontare anche queste emergenze.

Il prof. Viesti, nel corso dell’incontro organizzato dai docenti Maurizio Avola, Teresa Consoli e Carlo Pennisi del dipartimento di Scienze politiche e sociali, inoltre, ha indicato una possibile strada da seguire per risollevare le sorti degli atenei siciliani: “Occorre un’azione interna ed una esterna, ovvero fare “rete” nella fase di contrattazione con il Miur al fine di recuperare quanti più stanziamenti del Ffo e rilanciare gli atenei del Sud” –  ha spiegato l’economista pugliese – “Al tempo stesso occorre agganciare quanti più finanziamenti esterni”

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E sulle “migrazioni” dal Sud al Nord, il prof. Viesti ha precisato che “il fenomeno migratorio degli studenti del Sud al Nord è quantificabile in 3 miliardi annui tra tasse universitarie, vitto e alloggio che arricchiscono ulteriormente quei territori, e al tempo stesso provoca un ulteriore depauperamento del Sud in termini di sviluppo, crescita e ricchezza e anche un aumento di quella biforcazione socio-economica tra le diverse regioni”.

“È vero che si tratta di fenomeno dell’economia della società europea ovvero l’incremento del movimento delle persone, giovani e qualificate, verso i grandi centri urbani perché l’economia di questo secolo funziona in questo modo: i lavori più qualificati sono nei servizi più qualificati che sono nelle città più forti” – ha aggiunto il docente – “ma non riguarda solo noi, come sempre, siamo parte di fenomeni europei. Il punto è che non ci si può limitare ad osservarlo, ma dobbiamo mettere in campo delle politiche per far sì che il movimento delle persone, una cosa ottima, sia più circolare possibile: si vada e si torni. Invece, ad oggi noi andiamo, ma gli altri vengono da noi”.

Sul tema è intervenuto il rettore Francesco Priolo che ha ribadito come le politiche universitarie degli ultimi dieci anni abbiano penalizzato le università del Mezzogiorno con un vero e proprio trasferimento di risorse dal Sud al Nord che ricadute non soltanto per i nostri atenei, ma soprattutto per i nostri territori. “Il trasferimento strutturale dei nostri giovani al Nord trasformerà il tessuto e la formazione socio-culturale del Meridione nel giro di un decennio” – ha aggiunto il rettore – “Per questi motivi tutte le parti devono porre un rimedio perché non si tratta di un problema che investe soltanto l’università, ma la città e il territorio perché l’autonomia differenziata riguarda temi importanti come l’istruzione, la ricerca, le infrastrutture e l’ambiente e quindi temi che riguardano lo sviluppo del territorio e tutti i cittadini”.