La procura di Palermo ha scoperto un giro di messaggi tra i boss detenuti e il clan. Tra gli indagati anche un esponente di Radicali Italiani, che avrebbe usato parole gravissime contro il giudice Falcone.
La Procura di Palermo, grazie a un intenso lavoro di intercettazione, è riuscita a scoprire un traffico di messaggi tra boss detenuti in carcere e i loro affiliati all’esterno. Al momento sono cinque le persone accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa e favoreggiamento. Dalle intercettazioni, inoltre, sarebbero emerse dichiarazioni offensive e inaccettabili sul giudice Falcone.
Tra gli arrestati in seguito all’indagine spiccano, tra gli altri, il capomafia di Sciacca Accursio Dimino e Antonello Nicosia, membro del Comitato nazionale dei Radicali italiani e per anni impegnato in battaglie per i diritti dei detenuti. Nicosia sarebbe stato vicino alla parlamentare di Liberi e Uguali, passata di recente a Italia Viva, Giuseppina Occhionero, la quale si dichiarerebbe comunque estranea alla vicenda e non sarebbe nel registro degli indagati, ma che verrà ascoltata come testimone.
Stando alla Procura, Nicosia avrebbe fatto da tramite tra i capomafia detenuti, alcuni in regime di 41bis, e i clan all’esterno dei penitenziari, riferendo messaggi e ordini. L’esponente dei Radicali Italiani, inoltre, non si sarebbe limitato a fare da messaggero, ma avrebbe anche gestito business in società con il boss Accursio Dimino, con cui aveva incontri abituali. Avrebbe anche intrattenuto rapporti di affari con i clan americani e riciclato denaro sporco, mentre da alcune intercettazioni sarebbero addirittura emersi progetti di omicidio.
Nelle conversazioni intercettate Nicosia avrebbe, inoltre, sostenuto di essere vicino alla parlamentare all’epoca di Leu, Giuseppina Occhionero, la cui collaborazione gli avrebbe consentito di entrare e uscire dai penitenziari a suo piacimento, agevolando il suo ruolo di intermediario. La Occhionero, comunque, si dichiara totalmente estranea alla vicenda, sostenendo di aver interrotto subito la collaborazione con Nicosia.
“Ringrazio la magistratura e le forze dell’ordine per lo straordinario lavoro di contrasto alla mafia. Da ciò che emerge dalle notizie riportate sui giornali – ha commentato la Occhionero – quello che diceva e scriveva Nicosia era ben lontano dalla verità, arrivando a veicolare messaggi mafiosi per conto dei detenuti. Quello che si legge nelle intercettazioni è comunque vergognoso e gravissimo. La collaborazione con me, durata solo quattro mesi, era nata in virtù del suo curriculum, in cui si spacciava per docente universitario oltre che di studioso dei diritti dei detenuti. Non appena ho avuto modo di rendermi conto che il suo curriculum e i suoi racconti non corrispondevano alla realtà ho interrotto la collaborazione“.
A far inorridire, oltre alla faccenda dei messaggi scambiati tra i boss, sarebbero le parole spaventose e gravi di Nicosia nei confronti di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. I magistrati siciliani, vittime di mafia, non sarebbero altro per Nicosia che “vittime sul lavoro“. “Ma poi – si sentirebbe ancora nelle intercettazioni- quello là (riferendosi a Falcone) non era manco magistrato quando è stato ammazzato, aveva già un incarico politico, non esercitava“.
Infine, le farneticazioni di Nicosia lo avrebbero portato a definire il boss latitante Matteo Messina Denaro come il “nostro Primo Ministro”. Non sapendo di essere intercettato, infatti, l’esponente di Radicali Italiani avrebbe elogiato il noto capomafia e ammonito il suo interlocutore a non parlare a sproposito su di lui.
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