Siamo quasi arrivati alla fine della corsa. A pochi giorni dal destino dell'Università di Catania e del suo nuovo Magnifico, diamo nuovamente la parola ai cinque candidati attraverso le interviste rilasciate a LiveUnict.
Gli ultimi mesi sono stati caratterizzati da una crisi al vertice dell’Università di Catania, adesso sta per giungere un momento decisivo: le elezioni del nuovo rettore dell’Ateneo. Sono passati due mesi dall’inchiesta che ha sconvolto la comunità accademica e che ha creato un vuoto di potere con la sospensione e dimissione dell’ex rettore prof. Francesco Basile.
Come stabilito dal decano, in ottemperanza del regolamento elettorale d’Ateneo, la prima votazione si terrà venerdì 23 agosto 2019, i seggi saranno aperti dalle ore 9 alle ore 19. L’eventuale seconda votazione, che avverrà se nessuno dei candidati otterrà la maggioranza nel primo turno, avrà luogo lunedì 26 agosto, l’eventuale terza votazione avverrà giovedì 29 agosto; infine, l’eventuale ballottaggio si terrà lunedì 2 settembre.
Ad ambire al titolo di Mangifico dell’Unict sono cinque candidati: i professori Salvatore Barbagallo, Vittorio Calabrese, Agatino Cariola, Francesco Priolo e Roberto Purrello. I candidati hanno presentato i loro programmi alla comunità accademica catanese a partire dall’ultima settimana di luglio.
Continua così lo speciale dedicato alle elezioni Unict, con la seconda intervista rilasciata dal professore Roberto Purrello.
“Difficile dare un giudizio sul rettorato del prof. Basile, perché è stato interrotto troppo precocemente. Ma erano state attivate tantissime iniziative importanti per l’internazionalizzazione e per gli studenti, basta ricordare gli abbonamenti per i trasporti pubblici.
È chiaro che il prossimo rettorato dovrà continuare anche su questa strada, soprattutto per l’internazionalizzazione, dove io personalmente sono stato coinvolto in un’azione verso l’Egitto e verso la Cina; iniziative che stavano dando rilievo all’Ateneo di Catania, ma che purtroppo si sono interrotte bruscamente.
Dove si dovrebbe essere più incisivi, probabilmente, è sulla riorganizzazione della parte amministrativa. E il prossimo rettore, dovrà partire anche da questo. Ma non parlerei di fallimenti: difficile parlarne per un rettorato così breve. Forse si dovrebbe fare un’analisi su ciò che è effettivamente partito e ciò che, invece, sarebbe dovuto partire. Ma anche qui, dare giudizi è difficile”.
“Diciamo che essere presidente della Scuola superiore di Catania è una carica importante, ma come esperienza non è paragonabile né al ruolo che ho rivestito come direttore di Dipartimento, rivestito per 5 anni, né all’esperienza di componente del Consiglio universitario nazionale (Cun).
Il ruolo di direttore ti mette al centro di una scena in cui bisogna necessariamente discutere con tutte le componenti del Dipartimento; mentre alla Scuola superiore non si ha lo stesso contatto con i docenti, non si hanno problemi di punto organico o di incarichi da attribuire. Diciamo che non si ha quel contatto politico – e non partitico – con i propri colleghi: cosa presente nella figura di direttore di Dipartimento, il quale è un ruolo politico essenziale, ma anche di politica culturale.
E forse, il ruolo di componente del Cun è più importante. Perché mentre da un lato il ruolo di direttore di Dipartimento è un ruolo politico, il ruolo di componente del Cun ti prepara in realtà ad una serie di azioni che sono basilari per il rettore: ogni anno si fa analisi dell’FFO a livello nazionale, ci si confronta con i colleghi, anche delle diverse aree e delle diverse università; tutti i documenti dell’Anvur vengono analizzati dal Cun; tutta una serie di norme e leggi passano dalle analisi del Cun ed alcune vengono proposte dal Consiglio stesso. Diciamo che i 5 anni da componente, rieletto tra l’altro da poco, del Cun, mi portano a fare delle analisi che sono poi le stesse azioni che svolge la figura di Rettore. In poche parole: non ho bisogno di andare a scuola di rettore”.
“Ci sono tutta una serie di azioni importanti da attivare. Non so quanto sia possibile dire con certezza quale sia la prima cosa che farò come rettore. Di sicuro, il primo obiettivo è recuperare l’immagine dell’Ateneo: quella vera, quella che veramente spetta al nostro Ateneo, che è di altissimo livello scientifico e didattico. Questa Università deve semplicemente riprendere il posto che gli spetta.
Successivamente, dovrebbero seguire un’altra serie di azioni come quella delineata nel programma. A tal proposito, si punta: alla razionalizzazione della parte amministrativa; ad un diritto allo studio garantito a tutti gli studenti; possibilmente a dei premi di incentivazione per i migliori che si iscrivono nelle lauree magistrali, così da contrastare questa fuga da Catania al momento del passaggio dalle triennali alle magistrali. Una serie di azioni strettamente connesse, quasi in contemporanea.
I primi 100 giorni da rettore saranno così, intensi; e se dovessi essere io il rettore, dopo questi 100 giorni, farei uscire una lista completa di tutte le azioni legate al rilancio dell’Unict, ad evitare la diaspora degli studenti, ma anche al progetto importantissimo di trasparenza e rispetto dell’eccellenza e della qualità dell’Ateneo”.
“Come direttore di Dipartimento di scienze chimiche, la prima cosa che ho fatto 5 anni fa è stato firmare un accordo con Confindustria. Dopodiché, abbiamo attivato una serie di azioni all’interno del progetto “Un’ora con l’industria”, dove i diversi manager sono entrati nel Dipartimento, hanno fatto un’ora di lezione, spiegando agli studenti cos’è un’industria (dai diversi ambiti) e spiegando qual è il ruolo del chimico. Tutto questo è stato poi seguito da diverse lezioni sulla scrittura dei curriculum da presentare e di una lettera motivazionale, oltre a lezioni su come affrontare un’intervista di lavoro.
Inoltre, attraverso l’accordo con Confindustria, gli studenti hanno avuto modo di fare periodi di tesi e dottorato all’interno delle aziende. Così, veniva messo in risalto anche il lavoro di gruppo. E successivamente, alcuni di loro sono stati assunti dalle aziende.
Questo progetto di Dipartimento, potrebbe diventare un progetto di Ateneo. La terza missione dell’Università è in realtà proprio quella di accompagnare gli studenti nel mondo del lavoro: l’istituzione universitaria deve diventare un job placement office”.
“Non mi voglio pronunciare sull’etichetta “bandita”, perché si definisce già da sé. Una cosa di questo tipo, ancor prima che venga emessa una sentenza, non la trovo giusta.
Ho ragionato sul problema del giustizialismo. Il giustizialismo è pericoloso, perché fa vivere in un clima di terrore: se noi ci piegassimo al giustizialismo, prima ancora che esca una condanna o una sentenza effettiva, vivremmo tutti quanti nel terrore di poter parlare. Questo non è accettabile, non è possibile.
Su questo, il mio punto di vista è fermo ed immutabile. Fino a quando non ci sarà una sentenza definitiva ed un’effettiva condanna dei miei colleghi, io sosterrò la loro innocenza. Ma sarà poi la giustizia a decidere, se condannarli o assolverli. Se vincesse il giustizialismo, io avrei paura a fare anche questa intervista e dire ciò che penso, e questo non è giusto”.
“Se parliamo in termini di leggi e di norme, era inevitabile. Le istituzioni e la legge servono a dare dei punti di riferimento – ed è anche per questo che io non sono un giustizialista. Ci sono delle norme da rispettare: non posso prendere la strada in controsenso, anche se è quella più breve.
Se c’è una norma che mi dice che entro 30 giorni devo fare le elezioni, devo rispettarla indipendentemente dai miei desideri. Se la norma non mi piace, proverò a cambiarla, ma fino a quando sarà quella, va rispettata: “dura lex sed lex”. In caso contrario, entreremo in una deregulation totale, in cui ciascuno di noi fa quello che vuole. Dipendentemente da quelli che sono i nostri desideri, c’è una legge che va rispettata.
Ci sono casi simili avvenuti in passato. Ad esempio, gli eventi del 2017 a Chieti, hanno portato all’azzeramento dei vertici universitari, costringendo il decano a prendere il controllo della parte amministrativa – seppur in forma ridotta –, per poi procedere alle elezioni del rettore anticipate, entro un numero definito di giorni. Questo perché il decano non può firmare tutti i documenti, perché si è entrati in un’amministrazione con tasso ridotto: ad esempio, i concorsi sono fermi. Un’università può restare ferma per più di 30 giorni? È veramente impossibile”.
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