Manco poco per conoscere i risultati delle prime votazioni per eleggere il nuovo rettore dell'Università di Catania. L'intervista al prof. Agatino Cariola, candidato e professore ordinario ordinario di Diritto costituzionale nel dipartimento di Giurisprudenza.
Ancora qualche ora e conosceremo gli esiti delle prime votazioni per eleggere il prossimo rettore dell’Università degli Studi di Catania. L’inchiesta giudiziaria soprannominata “Università bandita” ha portato, nelle settimane scorse, l’ex rettore Francesco Basile alle dimissioni ed è fissata per venerdì 23 agosto la prima votazione per scegliere il successore. In corsa per la poltrona di “Magnifico” i professori Salvatore Barbagallo, Vittorio Calabrese, Agatino Cariola, Francesco Priolo e Roberto Purrello.
Dopo gli incontri dei candidati rettore con docenti, personale tecnico-amministrativo e studenti tenutisi nei vari dipartimenti dell’Ateneo, l’elettorato potrà esprimere la propria preferenza il 23 agosto. Tuttavia non sarà facile ottenere un risultato definitivo già nella giornata di venerdì e un’eventuale seconda e terza votazione sono fissate rispettivamente per lunedì 26 agosto e giovedì 29 agosto. Qualora si arrivasse al ballottaggio, invece, questo è previsto per lunedì 2 settembre.
LiveUnict prosegue lo speciale dedicato alle elezioni del rettore dell’Università di Catania, proponendo l’intervista rilasciata dal prof. Agatino Cariola.
“Penso che la gestione del rettore Basile, equilibrata ed inclusiva, abbia scontato gli esiti di una fase assai conflittuale nella storia del nostro Ateneo ed i problemi irrisolti della struttura amministrativa. Si è ritrovata a gestire molte emergenze ed alcune le lascia in eredità, ma ciò è normale in ogni pubblica amministrazione, specie se complessa come quella universitaria”.
“Mi sono sempre occupato della mia Università. Sono stato delegato con Rizzarelli ed ho lavorato con lui al primo impianto della Scuola Superiore. Mi sono interessato con successo di edilizia universitaria per le strutture di Giurisprudenza e per quelle del Policlinico. Ho lavorato alla necessaria modifica dello Statuto dopo l’impugnativa del Ministero ed il suo annullamento in sede giurisdizionale. Penso che il Rettore debba essere uno capace di creare consenso attorno alle regole che l’Università si dà in maniera democratica ed all’esito di un procedimento intensamente partecipato. Ecco il mio ruolo di giurista, attento al rispetto della legittimità sostanziale, è il mio apporto alla mia Università”.
“Il Rettore non decide da solo, ma svolge funzioni di proposta ed assicura il funzionamento dell’intero sistema universitario, a mezzo dell’indirizzo, dello stimolo, persino dell’incoraggiamento. Certo, il Rettore che uscirà dalle elezioni si dovrà porre il problema di trovare le risorse per rendere concreti gli obiettivi che l’intero sistema si prefigge di raggiungere, e ridefinire molte regole: penso a quelle sul consiglio di amministrazione, che deve essere ponte con il sistema produttivo; a quelle sulla riorganizzazione amministrativa per dotare gli uffici delle necessarie competenze ed individuare il giusto rapporto tra struttura centrale e dipartimenti. Penso alle norme della legislazione nazionale e della contrattazione collettiva sulla stabilizzazione del personale e sul riconoscimento degli istituti contrattuali. Come si vede, non può pensarsi di fare una cosa sola, giacché occorre intervenire su tanti versanti”.
“Alla didattica occorre necessariamente guardare per promuovere la conclusione dei percorsi di studio negli anni previsti, fermo rimanendo un insegnamento di qualità. L’Università è penalizzata tutte le volte in cui lo studente si attarda a laurearsi. L’intervento sulla didattica riguarda anche i contenuti dell’insegnamento, i quali devono essere rivolti alle esigenze del mondo del lavoro. Penso che l’intensificarsi dell’esperienza di visiting professor provenienti dai settori imprenditoriali possano aiutare gli studenti a considerarsi già parte del sistema produttivo. Faccio due esempi, che sono peraltro presi da quanto l’Università già tenta di realizzare e che dovrebbero appunto generalizzarsi per far toccare con mano allo studente la concretezza delle cose studiate: un mini-corso in cui l’editor di una casa editrice nazionale spiega come si costruisce un libro di successo destinato a diventare best-seller; e lo stesso potrebbe dirsi per un prodotto musicale o cinematografico. Una serie di seminari sulle start-up che hanno avuto successo nei diversi settori dell’informatica, per mostrare ai giovani che anche loro possono ideare soluzioni da ‘collocare sul mercato’. Esempi parziali, certo, ma fatti per spiegare che l’Università rende lo studente di già protagonista del mondo del lavoro”.
“Non conosco tutte le carte ed ogni mio giudizio si sovrapporrebbe in maniera confusa a quello della magistratura, oggi quella requirente e domani quella giudicante. In via assolutamente generale noto che le procedure di chiamata diretta sono previste dalla cd legge Gelmini e valgono per l’intero sistema universitario italiano. In presenza di risorse sempre scarse ogni Università decide se investire in un settore scientifico oppure in un altro (se, ad esempio, istituire l’insegnamento di ortopedia oppure quello di procreazione medicalmente assistita) e lo fa sapendo già chi sono i possibili candidati in ambito nazionale e locale. Lo ripeto: tutto questo è stabilito dalla legge. Il sistema può subire alterazioni le volte in cui prevalgono interessi diversi da quelli delle esigenze della struttura universitaria ovvero dal merito dei candidati. Spero e chiedo che l’inchiesta giudiziaria si concluda in tempi brevi, accertando eventuali responsabilità ma anche dando serenità agli innocenti.
Detto questo, c’è però bisogno che l’Università di Catania definisca meglio le sue regole in ordine alla programmazione temporale delle occasioni di crescita dei giovani. Sa cosa mi preoccupa? Che il giovane che oggi si iscriva ad un’Università italiana e scopra il piacere della ricerca e tra cinque anni, al momento della laurea, voglia allora percorrere la carriera universitaria, trovi tutto fermo o bloccato in una sorta di imbuto, destinato ad un precariato senza fine, quasi ad essere il “proletario” dei nostri tempi. Voglio dire che un Paese serio si interroga sulle risorse che dedica alla formazione (compresa quella primaria) ed alla ricerca, che è poi motore di ogni sviluppo. Invece, noi marginalizziamo di fatto la carriera universitaria; chiediamo all’Università di formare i nostri figli per il mondo del lavoro, di fare ricerca comparabile almeno con quella che si fa negli altri Paesi, di relazionarsi con il territorio, ecc., ma senza attribuirle le risorse necessarie, anzi quasi confermando la distanza tra Atenei di serie A ed Atenei di serie B o C, i quali – guarda caso – stanno nel Sud del Paese.
Mi immagino che la governance universitaria agisca anche su tali versanti, per così dire, di politica generale. Se le regole sono sbagliate – e non solo quelle sull’assunzione dei docenti – tali regole vanno cambiate. Ma il Paese non può occuparsi di Università solo in occasione di qualche scandalo”.
“Il mese di agosto ha visto un’Università particolarmente vitale perché i dipartimenti universitari sono stati affollati di docenti al lavoro ed il personale tecnico-amministrativo difende con forza la dignità del proprio lavoro. Trovo ovvio che in periodo di difficoltà tutti rinunciamo a qualcosa, fossero pure le meritate ferie: agosto non è certo intoccabile ed oggi poi le vicende politiche nazionali lo confermano; le polemiche sulle scelte del Decano mi sembrano alla fine piuttosto strumentali. I confronti tra i candidati hanno dato l’immagine dell’Università di Catania interessata a riflettere ed a discutere, estremamente viva”.
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