Bastano pochi istanti ed una scossa sismica per mettere a repentaglio l'equilibrio di una comunità: alcuni abitanti di Biancavilla, centro colpito dal terremoto degli ultimi giorni, raccontano ai microfoni di LiveUniCT la paura provata e la voglia di ritornare alla normalità.
Nella notte tra il 5 ed il 6 ottobre, alle ore 2:34, una scossa sismica di magnitudo 4.6 colpisce una Sicilia attonita. Il paese di Santa Maria di Licodia viene ribattezzato epicentro del terremoto ma sono molti i comuni colpiti. Tra i più colpiti c’è Biancavilla, centro di circa 24 mila abitanti, dove le case continuano a tremare e tutta la comunità è in preda al panico.
“Noi, come la maggior parte delle famiglie, eravamo a letto. Quella notte, alle 2:30 circa, è suonata per tutti una sveglia insolita e violenta, di certo quella che mai nessuno avrebbe voluto sentire: era il terremoto – ci racconta ancora incredulo il Biancavillese Marco. Nessuno era preparato né sapeva quale fosse la procedura esatta da seguire. Bisognava decidere come agire ed in pochi secondi, ma il panico era tanto da neutralizzare ogni scelta.”
Immaginate questa scena: bambini, adulti ed anziani, completamente colti di sorpresa, con addosso il pigiama o il primo indumento tirato fuori dall’armadio e pochi oggetti presi di fretta corrono giù per le scale per scampare al pericolo. Tutti sono infreddoliti ed assonati, qualcuno è colto da malori.
“In preda ad un attacco di panico, non riuscivo a muovermi – esordisce così Mariarosa, altra abitante del piccolo comune ricordando quei momenti spaventosi. Ero ferma in corridoio, sono riuscita a fuggire grazie ai miei parenti.”
“La prima cosa che ho notato, dopo il forte boato e una volta in piedi, è stato l’insieme di oggetti sul pavimento, ridotti in frantumi dopo la scossa. È stato necessario tranquillizzare mia madre che, anziana, si è spaventata parecchio – rivela invece Alfio. Ci siamo precipitati fuori ed i nostri occhi hanno assistito ad una scena surreale, direi da film: regnava il caos e una serie infinita di ambulanze entrava ed usciva dal vicino ospedale. Molta gente ha preferito lasciare il paese per rifugiarsi in campagna, il resto ha deciso di radunarsi in punti di raccolta, quali per esempio il campo sportivo o nelle piazze.”
I social network, nel frattempo, iniziano a diffondere le prime foto dei danni riscontrati in paese e, tra tutti preoccupano maggiormente quelli all’interno del centro storico che, come ci racconta ancora Alfio, rappresenta il punto di ritrovo per i giovani, in particolare in questi giorni dedicati alle feste patronali.
Durante le ore successive, il clima in paese è cambiato ma la vita non si è di certo arrestata: “Il giorno dopo e fino a mattina inoltrata le strade in paese si presentavano come deserte mentre la gente cercava di recuperare un po’ di sonno in macchina– spiega Alfio. È stata annullata ogni festività ma la comunità si è stretta in un momento di preghiera.”
Accanto ai propri compaesani, il presentissimo sindaco Antonio Bonanno, la Protezione Civile ed i Vigili del Fuoco non hanno tardato a procedere con giusti provvedimenti e necessarie misure di cautela.
“Il sindaco si è mostrato disponibile e pronto a girovagare per il paese durante la notte per tranquillizzare la gente – continua il giovane. La protezione civile ed i pompieri hanno agito dal primo istante ed in maniera straordinaria, attuando un bel lavoro di verifica: chiese e scuole resteranno chiuse fin quando non saranno messe davvero in sicurezza.”
Più volte ieri, domenica 7 ottobre, la terra ha ricominciato a tremare e con essa anche le persone, per via della paura: i Biancavillesi, seppur in parte più pronti e consapevoli, restano preoccupati e faticano a tornare alla normalità.
“Temiamo ancora per la nostra vita nonostante le rassicurazioni – ci confessa Mariarosa. Stiamo preparando borsoni d’emergenza con beni di prima necessità, nel caso in cui fosse necessario lasciare nuovamente casa. Ci stendiamo sul letto o sul divano, ma senza mai spogliarci: abbiamo dimenticato cosa si provi ad indossare un pigiama!”
I “Biancavilloti”, così chiamati in dialetto, sono stati duramente colpiti da una calamità ma ad essa hanno risposto positivamente ed insieme: solo così attraverso l’unione e la solidarietà saranno pronti a riprendere in mano la loro vita.
“La comunità si è trasformata, senza retorica, in una grande famiglia– conclude Marco. Chi dispone di grandi spazi sicuri non ha esitato ad aprire le porte della propria attività , casa o terreno per far entrare chiunque. L’amministrazione è riuscita, anche attraverso i social, ad instaurare un dialogo con gli abitanti. Una cosa è certa: tra amici, compaesani ed amministrazione non ci siamo sentiti soli.”
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