La pubblicazione del nuovo FFO per il 2018 ha fatto registrare un aumento dei fondi nelle casse di molti atenei. Secondo alcuni, però, si tratta sempre dello stesso gioco che favorisce la disuguaglianza tra università del Nord e del Sud.
La pubblicazione del nuovo FFO (fondo di finanziamento ordinario) ha sorpreso molti atenei italiani con un incremento che segna un’inversione di tendenza rispetto al 2017. La cifra stanziata passa da €6.981.890.720 dello scorso anno a ben €7.327.189.147, con una particolare attenzione ai due criteri perequativi rappresentati dal livello dei redditi degli studenti e l’accessibilità, come i collegamenti delle università attraverso il trasporto pubblico e la logistica.
Stando alle stime iniziali fornite dall’Università degli Studi di Catania, la riduzione della quota base assegnata dal 2008 al 2017 (si parla del 97,45%) avrebbe potuto rappresentare un ulteriore abbassamento dei fondi. Si è trattato di un sali-scendi che però nel biennio 2016-17 ha fatto registrare un aumento della quota premiale (inerente alla qualità dell’offerta formativa e della ricerca scientifica, i risultati dei processi formativi e la qualità, l’efficacia e l’efficienza delle sedi didattiche), in contrapposizione alla non indifferente riduzione della quota base e dell’intervento perequativo.
Torniamo alle cifre FFO 2018. L’Ateneo catanese negli scorsi giorni si è visto assegnare un totale di €163.119.130, assegnazione nettamente superiore alle stime iniziali. L’abbassamento della quota base, in contrapposizione con l’innalzamento di quella premiale, segue la tendenza degli scorsi anni; la vera novità arriva dalla no-tax area, che al Sud aumenta la distribuzione dei fondi del 121% rispetto all’anno scorso.
Molto spesso sono gli atenei del Nord ad ottenere i fondi grazie al criterio di premialità. Lo stesso problema si registra per tutti gli atenei con un basso numero di iscritti e posizionate in zone a bassa densità. Ma c’è di più. Tra i corsi di studio maggiormente colpiti ci sono quelli di area scientifica, gli stessi che avrebbero dovuto ottenere più sostegno per garantire la ripartenza scientifico-tecnologica dell’Italia.
La no-tax area, tuttavia, continua a rappresentare una nota positiva per gli studenti. Nell’anno accademico 2016/’17 a usufruirne erano il 9,5% degli studenti mentre in quello successivo si è arrivati al 17,6% (circa 292mila, con circa 11mila esoneri a Catania). L’obiettivo è quello di raggiungere le cifre che vantano altri paesi europei, come Francia e Germania che vedono più di un quarto della popolazione studentesca esonerata dal pagamento delle tasse.
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