Nel sottosuolo della città proprio sotto il Duomo giace ancora fermo lì da secoli un pezzo della Catania romana che non tutti conoscono, le Terme Achilliane. Esse sono uno dei simboli della grande eredità lasciata dalla civiltà romana alla città di Catania.
La città di Catania ha conosciuto nei secoli diversi popoli di conquistatori, ma i primi popoli che hanno reso grande la città, dopo i Greci, sono stati i Romani. Catania, infatti, venne conquistata dai Romani nel 263 a.C, i quali spazzarono via quasi il lascito della raffinata civiltà greca. Divenne colonia augustea nel 21 a.C e solo da quel momento in poi la città si iniziò a dotare di grandi edifici pubblici che la trasformeranno in uno dei più ragguardevoli centri dell’impero. All’epoca romana imperiale infatti risale la costruzione di imponenti edifici ed opere pubbliche spesso di uso civile, sopravvissuti attraverso i secoli anche se non sempre in maniera intatta. Fanno parte dell’itinerario della Catania romana l’anfiteatro di piazza Stesicoro che risale al II secolo d.C, le Terme della Rotonda, dell’Indirizzo e le Terme Achillee o Achilliane. Queste ultime sono databili tra il IV e il V secolo.
Le terme Achilliane un tempo occupavano lo spazio compreso tra la parte anteriore della attuale Cattedrale e la parte orientale della piazza, mentre oggi solo una piccola porzione dell’originaria struttura termale rimane visibile. L’accesso alle terme Achilliane è costituito da una rampa di scale alla destra del Duomo che porta alla struttura sotterranea. Un corridoio è stato ricavato dalle fondamenta della cattedrale per poter accedere alla porzione sotterranea delle terme sopravvissuta ai secoli. Infatti, nel 1088 l’area occupata dalle terme venne scelta dal vescovo Ansgerio per ricavarne la Cattedrale, così che le terme funsero in parte come fondamenta appunto della Cattedrale di epoca normanna.
I terremoti dell’1169 e del 1693 sotterrarono completamente i resti di parte delle terme, quali furono dapprima liberati nel XVIII secolo da Ignazio Paternò Castello, Principe di Biscari. Da quel momento in poi rinizia una lunga riscoperta degli ambienti dell’impianto termale, nascosti per secoli da cumuli di fango e detriti per una stratificazione di circa 5 metri. Seguirono diversi scavi archeologici durante i secoli successivi volti a riportare alla luce quanto rimasto delle terme Achilliane.
Tuttavia, ancora oggi poco si conosce delle reali dimensioni del grande complesso termale di epoca imperiale. Ciò che è possibile ammirare sono i resti del Tepidarium, una sala curvilinea riscaldata attraverso un sistema di canalizzazione dell’aria. In prossimità della parte finale del corridoio, gli scavi condotti in profondità hanno permesso di individuare un canale con andamento a “S”, il quale si immette sulla sala centrale a pilastri. Si tratta probabilmente, di un condotto che serviva a convogliare l’acqua e a distribuirla per i servizi delle terme. Tra le vasche ancora rimaste visibili all’interno delle terme, l’acqua che scorre è ancora quella del fiume Amenano, il cui percorso è oggi sotterraneo.
Infine, l’ambiente principale dell’edificio è costituito da una grande sala quadrangolare detta Frigidario o sala dei Pilastri di circa 11 x 12 metri provvista di quattro grandi pilastri che sorreggono delle volte a crociera. Lungo i lati settentrionale, orientale e meridionale della sala è stato individuato un condotto pavimentato con tegulae e collegato al sistema idrico. Anticamente la pavimentazione si pensa fosse in marmo, e le pareti erano un tempo abbellite da stucchi e affreschi che mostravano puttini, tralci di vite e altri disegni che rimandavano alla vendemmia. Tali affreschi oggi non esistono più ma le raffigurazioni sono state riprodotte in un acquerello del pittore Jean Pierre Houel, pittore e architetto francese vissuto tra il 700 e l’800.
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