Il dottorato di ricerca è il massimo grado di istruzione universitaria conseguibile, il cui scopo è formare ricercatori incentivando la pubblicazione di contributi scientifici e, mediante varie attività erogate nell'arco dei tre anni, avvicinare gli studenti in modo seminariale o laboratoriale al mondo della ricerca. Il titolo di dottore di ricerca è senza dubbio la prima tappa se si vuole intraprendere la carriera universitaria.
Dopo la laurea magistrale, oggi molti studenti si domandano come poter contribuire in modo sostanziale alla ricerca scientifica globale; così, mossi da questo deisiderio nonché da quello di intraprendere anche la carriera universitaria, decidono di affrontare le prove concorsuali che determinano l’ammissione ad un ciclo di dottorato.
Tuttavia il mondo della ricerca ha di anno in anno un numero sempre minore di ricercatori, da una parte a causa della mancanza di fondi universitari, dall’altra perché gli studenti non si sentono più motivati ad iscriversi ad un dottorato di ricerca. In parte questo avviene perché il titolo di dottore di ricerca non offre sbocchi lavorativi certi dopo il conseguimento, sebbene si acquisisca un punteggio elevato spendibile nei concorsi; di recente però è stato disegnato un piano per la valorizzazione di questo titolo.
A metà aprile a Milano è nato il Comitato per la valorizzazione del dottorato il cui presidente, Mario Murari, ha spiegato che oltre un terzo dei dottori di ricerca non rifarebbe lo stesso corso di dottorato (39,3%), adducendo quale motivo principale l’insoddisfazione per gli sbocchi professionali offerti dal titolo (51,3%). I dati sono emersi dall’indagine Istat del 2015 e sembrano minacciare seriamente la ricerca italiana.
Il Comitato dunque, tramite un’iniziativa popolare, vorrebbe far pervenire una proposta di legge per valorizzare questo titolo di studio: tra gli obiettivi della proposta ci sarebbero incentivi per ridurre i costi di lavoro per i lavoratori altamente qualificati, una manovra che potrebbe condurre alla creazione di nuovi posti di lavoro, ma anche una revisione della retribuzione annuale e del periodo di ricerca all’interno delle università.
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