Un articolo dell'Accademia, scritto dal Gruppo Incipit, denuncia un eccesivo utilizzo di termini inglesi a fronte della nostra lingua. La ministra Fedeli però rigetta le accuse.
L’Accademia della Crusca bacchetta il MIUR, per la difesa della nostra lingua italiana. La “mela della discordia” è un sillabus pubblicato dal Ministero e inerente la promozione dell’educazione all’imprenditorialità nelle scuole statali secondarie di II grado. Nel documento, secondo il Gruppo Incipit dell’Accademia, si leggerebbero troppi anglicismi, sostituiti impropriamente ai relativi termini italiani.
Nel comunicato pubblicato sul sito dell’Accademia si legge: “L’adozione di termini ed espressioni anglicizzanti non è più occasionale, […] bensì diventa programmatica, organica e assurge a modello su cui improntare la formazione dei giovani italiani”. Questo atteggiamento linguistico, criticato dall’Accademia, sarebbe un modello per i giovani e porta a preferire l’uso dell’inglese anziché l’italiano.
Ma Valeria Fedeli rigetta le accuse al mittente, sostenendo che: “La presenza di alcuni termini inglesi, all’interno di un documento di 11 pagine e composto da 3.124 parole, difficilmente potrebbe sorreggere un intero modello linguistico-concettuale”. E difende la scelta di quei termini sostenendo che “l’utilizzo di termini stranieri si rivela funzionalmente necessario quando il ‘prestito’ consente una funzione designativa del tutto inequivoca, specie se si accompagna all’introduzione di nuove ‘cose’, nuovi ‘concetti’ e delle relative parole”.
Tuttavia, è proprio questa mancanza di traduzione e relativo impiego di termini propri del nostro linguaggio e, se necessario, l’introduzione di neologismi, che il Gruppo Incipit critica fortemente, anche con una certa ironia: “Concretamente, questo pare il messaggio del Sillabo: per imparare a essere imprenditori non occorre saper lavorare in gruppo, bensì conoscere le leggi del team building, non serve progettare, ma occorre conoscere il design thinking, essere esperti in business model canvas e adottare un approccio che sappia sfruttare la open innovation, senza peraltro dimenticare di comunicare le proprie idee con adeguati pitch deck e pitch day”. Chiedendo in ultimo un maggiore rispetto nei confronti della lingua e della cultura nostrana.
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