Si moltiplicano a macchia d’olio i test di certificazione anche per la lingua latina. Per le aziende, rappresenterebbe un discriminate positivo in favore dei candidati.
Negli ultimi anni si è stati testimoni di una sempre più feroce e dura repressione nei confronti delle discipline classiche e dei licei, vittime di una campagna di svalutazione sempre più marcata da parte delle istituzioni e opinione pubblica. Lo studio delle lingue antiche come il greco e il latino, in particolare, è stato al centro di un’accesa polemica riguardante l’utilità di queste materie nonché la spendibilità delle stesse nel mondo del lavoro.
In risposta a queste accuse, però, c’è da dire che il liceo classico ha portato avanti una strenua e decisa difesa della propria identità culturale, tramite iniziative come la “Notte del liceo classico”, numerosi saggi, frutto della mente e del lavoro di latinisti e grecisti, e campagne di promozione della cultura classica.
Così, a gran voce, il latino, in particolare, ha ricominciato ad affermare il proprio valore, sfatando, di fatto, l’idea diffusa e ormai consolidata che essa sia a tutti gli effetti una lingua morta. E, tuttavia, se di lingua morta si parla, come si spiegano, dunque, i migliaia di iscritti, in continua crescita, ai test di certificazione promossi da sempre più regioni italiane? Sorge il dubbio, quindi, che non solo il latino non sia una lingua estinta e, praticamente, inutile, ma anche che essa continui a esercitare un fascino non indifferente per gli studenti del Bel Paese, e non solo.
Non a caso, come riportato anche da Repubblica.it, si sta assistendo a un’impennata di iscrizioni ai test di certificazione della lingua latina da parte di liceali e universitari, ma anche di vecchi studenti che desiderano rispolverare le proprie conoscenze. In questo modo gli studenti possono avvalersi di agevolazioni durante il proprio percorso di studio, ottenendo crediti extra per la Maturità o “sconti” negli esami alla facoltà di Lettere.
Apri fila la Liguria, partita in sordina qualche anno fa con quasi 300 iscritti, a oggi si sono moltiplicate le regioni d’Italia che offrono il servizio di certificazione linguistica. Tra queste la Lombardia può vantare oltre mille candidati, insieme al Veneto, mentre in Sicilia il numero di richieste si è addirittura triplicato in soli tre anni, raggiungendo la quota di circa 600 iscritti. Adesso anche il Piemonte si prepara al lancio di nuovi testi, che si terranno per la prima volta il prossimo 12 aprile, mentre l’Emilia Romagna si accinge a esaminare oltre 600 studenti. Infine anche Lazio, prima regione d’Italia per iscritti al liceo classico, Campania, Puglia e Basilicata apriranno presto le candidature. Il test, alla maniera di un qualunque Cambridge d’inglese, mira a riconoscere le competenze linguistiche del candidato, muovendosi a partire da quattro livelli di difficoltà, da quello base a quello intermedio (A1, A2, B1, B2).
Ma la scommessa del latino non si ferma qui. La lingua dei nostri avi, infatti, farebbe anche curriculum, rappresentando per le aziende un discriminante a favore dei candidati in possesso di questa conoscenza. A spiegarlo è Isabella Covilli, presidente dell’associazione dei direttori del personale, la quale a “la Repubblica” ha dichiarato “Vediamo in modo favorevole la certificazione del latino in curriculum. Significa che il candidato ha la capacità di problem solving, sa affrontare cioè, situazioni complesse e ha capacità logiche”. Stando a ciò, verrebbe proprio da dirlo: lingua morta a chi? Non solo il latino non sembrerebbe avere alcuna intenzione di scomparire, ma permeerebbe ancora fortemente la nostra cultura e la società occidentale.
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