Dagli studi in Italia alla speranza di un futuro migliore per il loro paese, ecco le storie di giovani camerunesi che ai microfoni di PresaDiretta hanno raccontato la loro esperienza accademica italiana volta a migliore le condizioni di vita del Camerun.
“L’istruzione è un diritto e un dovere”, sin dall’infanzia questa celebre frase ci ha accompagnato per tutto il nostro percorso di studi. Il diritto allo studio, infatti, è inerente alla dignità umana. Ma soprattutto, come recita l’articolo 34 della nostra Costituzione, la scuola italiana è aperta a tutti.
Ed è grazie a tale articolo se migliaia di giovani migranti possono studiare nelle scuole italiane, in quanto tale diritto è assicurato sia agli italiani che agli stranieri in Italia “senza discriminazioni fondate sulla cittadinanza o sulla regolarità del soggiorno, anche quando essi non dispongono delle risorse finanziarie necessarie”. Alcuni di questi sono riusciti a raggiungere risultati notevoli. Ci vuole tempo, pazienza e costanza, ma la determinazione ripaga sempre. Lo sanno bene i ragazzi originari del Camerun che, dopo essersi laureti in tempo in Italia, hanno fatto le valigie per tornare a casa in modo da poter contribuire allo sviluppo del loro paese natio. Perché sì, l’istruzione può davvero fare la differenza.
I dati parlano chiaro. Come riportato da La Stampa, oggi sono 2400 gli studenti camerunesi che studiano tra Torino, Milano, Genova, Bologna, Parma, Firenze, Roma. A differenza di quanto si possa pensare, non si tratta di privilegiati ma di ragazzi che per arrivare in Italia hanno dovuto affrontare un lungo e difficile viaggio.
Le telecamere della trasmissione “PresaDiretta” hanno trattato la questione intervistando alcuni camerunesi che ce l’hanno fatta. Assadiò, oggi professore di Lingue, ha studiato Lingue straniere per la comunicazione internazionale a Vercelli. Poi ha frequentato due master a Torino, ma dopo il percorso di studi in Italia è tornato in Camerun per dare una mano ai suoi connazionali che, al contrario suo, non hanno avuto la fortuna di poter studiare: “Insegno inglese, francese e italiano ai miei fratelli e alle mie sorelle – spiega Assadio – ma cerco di convincerli a non finire sui barconi”.
Ha poi aggiunto che “Nel nostro centro (Clirap, un circolo culturale per la promozione del dialogo, lo sviluppo e la pace a Yaoundé ndr) abbiamo l’opportunità di preparare le teste che trasformeranno il futuro del Camerun. Questi ragazzi sono bravi. Nelle nostre aule ci sono eccellenti tecnici, informatici, scienziati specializzati, esperti in biologia. Sono talentuosi. Il problema è che mancano le opportunità”. Il professore ha poi concluso rivolgendosi ai governanti europei: “Offrite una chance a questi ragazzi, per favore. Opportunità di formazione, culturale, scientifica tecnologica. Dobbiamo incoraggiarli a tornare, a loro dico sempre: ‘Andate in Italia con la testa, ma tornate dall’Italia con il cuore'”.
Esperienza simile è stata vissuta da Serge Noubondieu, un ingegnere che ha studiato all’Università di Tor Vergata di Roma. Il sogno di Serge era quello di riuscire a portare l’acqua potabile ai 5000 abitanti di Bankonji, un villaggio del Camerun che per anni e anni ha visto le donne percorrere lunghi chilometri a piedi per giungere al pozzo più vicino. Per realizzare il progetto, Noubondieau ha impiegato sette anni: tre per scriverlo e farlo approvare dall’Unione europea e quattro per realizzarlo. Per portare a termine i lavori, Serge ha coinvolto l’intera popolazione del villaggio dove tutti hanno contribuito a dare una mano.
“Costruire cose buone per la propria terra è un lavoro assolutamente gratificante. Credo che il trasferimento del sapere sia la cosa più bella che si possa offrire a una persona. Non i soldi, ma la conoscenza. Io ho immaginato e realizzato la rete idrica, ma oggi l’impianto vive grazie ai cittadini di Bankonji”, ha rivelato Serge, a cui gli abitanti del villaggio hanno dedicato una targa in suo onore.
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