A distanza di 16 anni, sono stati condannati i due afghani accusati dell’omicidio di Maria Grazia Cutuli, giornalista catanese e inviata del Corriere della Sera.
Sono stati condannati a 24 anni di reclusione e al risarcimento di 250mila euro i due afghani accusati dell’omicidio dell’inviata del Corriere della Sera Maria Grazia Cutuli, avvenuto il 19 novembre 2001. La sentenza è stata emessa dalla Corte d’assise di Roma nei confronti di Mamur e Zar Jan, entrambi di etnia Pashtun, i quali hanno ascoltato il verdetto tramite video conferenza. Per l’agguato in cui morì l’inviata, infatti, i due afgani stanno già scontando in patria rispettivamente 16 e 18 anni di reclusione. A conclusione della requisitoria il pm Nadia Plastina aveva chiesto la condanna dei due imputati a 30 anni di carcere ciascuno in quanto colpevoli di omicidio e rapina. Quest’ultima accusa si riferiva al furto, insieme con altri ancora non identificati, di una radio, un computer e di una macchina fotografica appartenuti a Maria Grazia Cutuli.
Si tratterebbe di “un delitto politico e orribile”, come definito dalla legale di Rcs Caterina Malavenda. “La condanna in Italia conferma quella comminata all’estero ma ha un altro valore. Avere una sentenza in Italia non restituisce Maria Grazia alla famiglia, ma è di conforto per i parenti perché almeno sanno che lo Stato c’è”- ha spiegato l’avvocatessa.
Maria Grazia Cutuli è stata una giornalista catanese nata nel 1962, assassinata in Afghanistan nel 2001, mentre si trovava nei pressi di Sarobi, insieme all’inviato di El Mundo Julio Fuentes e a due corrispondenti dell’agenzia Reuters, l’australiano Harry Burton e l’afghano Azizullah Haidari. Maria Grazia si laureò con lode in Filosofia a Catania. Dopo un esordio come collaboratrice del quotidiano La Sicilia e dell’emittente televisiva Telecolor, per i quali si era occupata di spettacoli, si trasferì a Milano, dove lavorò prima al periodico Centocose, edito da Mondadori, e poi ad Epoca: diventò così una giornalista professionista, prima di iniziare una collaborazione con l’UNHCR, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di rifugiati. Qui maturò un’esperienza nel campo della politica estera, la vera passione della giornalista catanese, che a metà degli anni novanta passò al Corriere della Sera, dal quale ottenne quattro contratti a termine a partire dal luglio 1997, fino ad essere assunta a tempo indeterminato il 2 luglio 1999. La svolta per la sua carriera avrebbe dovuto essere proprio quella, quando il 13 settembre 2001, dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 di New York venne inviata in Afghanistan. Tuttavia, malauguratamente all’età di 39 anni venne uccisa.
La morte della giornalista, originaria di Santa Venerina, resta una ferita tutt’oggi aperta, ma l’eredità che Maria Grazia ha lasciato è immensa. Sono stati istituiti in sua memoria tre premi giornalistici: Premio giornalistico Città di Milano “alla memoria di Maria Grazia Cutuli”; Premio giornalistico nazionale “Maria Grazia Cutuli-Per non dimenticare e per costruire la Pace”; Premio internazionale di giornalismo Maria Grazia Cutuli, da parte del suo paese d’origine, in collaborazione con la Fondazione Cutuli, quest’ultima fondata in suo onore nel 2008. E ancora a Catania le è stato intitolato un piazzale accanto a piazza I Viceré. Sempre a Catania il 19 novembre del 2011, nel decimo anniversario della morte, le è stato intitolato un largo nei pressi di piazza Europa. A Roma le è stato intitolato l’istituto comprensivo del Colle Prenestino e a Milano le è stato intitolato un viale pedonale nei pressi del quartiere Lambrate. Inoltre, tanti scrittori hanno raccontato nei loro libri la storia della giornalista catanese.
L’eredità più grande che, però, Maria Grazia ha lasciato è l’esempio di devozione all’informazione e alla verità, che ha portato avanti strenuamente nel suo mestiere di giornalista.
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