Sono ormai noti i discorsi di Commencement del Presidente del corso di laurea in Economia Aziendale Prof. Rosario Faraci. Per l’ultimo Graduation Day non si è smentito e ha regalato ai neo dottori delle parole di incoraggiamento e di augurio che difficilmente verranno dimenticate.
“Passo come movimento ritmico e alterno degli arti. Passo per camminare. Vi esorto ogni giorno della vostra vita a fare un passo avanti rispetto al giorno precedente. Solo così si potrà raggiungere la destinazione, cioè l’obiettivo, sapendo che il viaggio, cioè il cammino, specie se fatto in compagnia, è di per sé esaltante quanto la meta, anzi forse di più. Fare un passo, ma anche stare al passo. Al passo con i tempi, con la società che cambia, con il mondo del lavoro e delle professioni che ogni giorno presenta una novità. Non è facile, ma non è nemmeno impossibile. Basta dare un sguardo alle otto competenze chiave di apprendimento permanente dell’Unione Europee e stilare il bilancio delle proprie competenze. E provare stare al passo, ad esempio con le competenze linguistiche o digitali, se si ha la consapevolezza di essere un po’ più indietro.
Il livello è la quota di un piano orizzontale rispetto ad un altro piano orizzontale di riferimento. E’ anche l’altezza di un punto su una superficie. Per cui va bene, se si vuole raggiungere un certo livello, ad esempio di competenze, di professionalità, di maturità lavorativa. Un giudizio, una valutazione graduabile secondo una scala di valori è sempre salutare, aiuta a crescere. Lo avete imparato all’Università. E’ una espressione comparativa, di confronto con gli altri, che supera la autoreferenzialità e abitua al confronto. Ma anche qui c’è un rischio. Di scendere al livello di chi vuole portarti al suo livello, più basso, di ignoranza, di conflittualità, di acredine. Livellatevi sempre verso l’alto, cari ragazzi, e alzate l’asticella ogni giorno di un punto più alto sulla superficie. Evitate di livellarvi verso il basso, di omologarvi alla posizione di chi vuole stare nei punti più bassi, perché trova più comodo stare giù. Se qualcosa vi avrà lasciato dentro questo periodo trascorso all’Università, mi auguro che sia stata proprio questa voglia di spingersi verso alto. Alzarvi di livello, mai scendere di livello.
Infine altezza, un altro termine di matrice etimologica latina. La dimensione verticale di un corpo. Ma anche la differenza di quota tra due punti misurata lungo la verticale. Ora, questa benedetta altezza sta creando nei giovani di oggi il più grande movimento ansiogeno di tutti i tempi. Paura di non essere all’altezza, cioè timore di non farcela. Paura di perdere il confronto, col rischio, come detto prima, che ci si confronta con il livello più basso, anziché guardare più in alto. Paura di non essere rispondente alle aspettative, che spesso sono le aspettative di altri e non di se stessi. Dunque paura di perdere, di perdere tutto. Non c’è una ricetta per il successo, né una per la felicità, cari ragazzi. Ma venticinque anni consecutivi di insegnamento universitario compiuti proprio quest’anno mi hanno fatto capire una cosa. Che bisogna sempre essere all’altezza delle proprie speranze. Speranza che è l’ultima a morire, meglio se è la prima a nascere. Più grande è la Speranza, più ci si metterà in discussione con se stessi e si sarà pronti ad essere all’altezza di quella Speranza. Non è vero che chi di speranza campa, disperato muore. La Speranza è la frontiera della possibilità per ciascuno di noi, esserne all’altezza è la più grande sfida per l’uomo.”
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