“Mala tempora currunt” – avrebbe detto il buon Cicerone nel I secolo a.C; al giorno d’oggi sono diverse le espressioni che potrebbero esprimere lo stesso status, così come diverse sono le situazioni in cui il detto latino calzerebbe a pennello. Una di queste, a sentire i liceali, è quella della scuola italiana; non basta però lamentarsi, come il buon Cicerone, ma bisogna anche agire. E così, migliaia di studenti delle scuole superiori italiane si sono dati appuntamento, ciascuno nella propria città: il 17 novembre, ancora una volta, scenderanno in piazza non solo per protesta ma per rendersi protagonisti di un dialogo, finora, unilaterale.
Per l’occasione, LiveUniCT ha raccolto le testimonianze di alcuni giovani impegnati nella realizzazione di questa manifestazione:“Scendiamo in piazza per protestare anche contro l’alternanza scuola – lavoro – spiega Filippo, studente di liceo scientifico – ; alla base di questo sistema c’è una pessima concezione del lavoro: non veniamo retribuiti, ci obbligano a fare attività che neanche ci interessano, per le quali spesso dobbiamo anche pagare; inoltre, veniamo spediti in qualsiasi tipo di azienda senza avere un minimo regolamento che disciplini le nostre attività”. Analizzando la situazione siciliana, però, i motivi di protesta sono anche altri: “La Sicilia presenta il 26.9% di dispersione scolastica ed è anche l’unica regione italiana che non tutela il diritto allo studio – prosegue Filippo – . Sappiamo tutti quali sono le difficili condizioni economiche in cui viviamo ma non è possibile applicare ancora tagli alla scuola, dove invece bisognerebbe sopratutto investire, puntare sui giovani come vera risorsa del futuro“. Ma gli studenti hanno comunque ben chiare le idee: “Non chiediamo nulla di trascendentale, vogliamo essere ascoltati ed avere risposte concrete, maggiori motivazioni per lo studio, per il futuro e per i nostri progetti”.
Nonostante la grande partecipazione alle manifestazioni, uno step fondamentale è quello della sensibilizzazione, tema su cui Carlo – studente di liceo classico – ha riflettuto a seguito della propria esperienza: “Sono settimane che lavoriamo ed organizziamo assemblee ed eventi propedeutici a questa manifestazione . Contro la società di oggi, che ci vuole sempre più passivi, la migliore risposta è scendere in piazza, dato che è un nostro diritto e ne abbiamo la possibilità”. Sono numerose le scuole in cui temi come il diritto allo studio e la recente riforma della scuola hanno acceso un dibattito critico, coinvolgendo anche alcuni docenti:” Siamo stanchi ma soddisfatti – prosegue Carlo – sopratutto nel vedere che molti professori ci stanno appoggiando: la scuola è anche questo, capire cosa è la critica, quando è necessaria ed i professori sono i primi a doverci infondere una sensibilità critica. – dichiara orgoglioso il giovane. Non solo studenti ma anche cittadini, questo sarà il grido delle piazze:“L’espressione del proprio pensiero è propedeutica nel formare i cittadini del futuro: bisogna essere elementi attivi, senza farci imporre le cose dall’alto”.
Jacopo, da tre anni rappresentante presso un istituto tecnico commerciale, analizza invece la situazione studentesca al giorno d’oggi:“Nella nostra generazione c’è un senso di rassegnazione generale cui noi vogliamo opporci grazie alla costruzione di un gruppo attivo, che sia pienamente convinto di lottare per le proprie idee”. Davanti alla concreta possibilità che questi eventi rimangano fini a se stessi, il ragazzo precisa:“Quando una manifestazione è seguita da un sentire comune, allora assume veramente un significato e un’importanza: cerchiamo un clima di mediazione, non solo di contestazione. Manifestare serve a promuovere un’idea, qualsiasi protesta che abbia una propria utilità è una tappa importante per un percorso di crescita, personale e collettivo”. Jacopo, inoltre, nutre grandi aspettative e speranze in un cambiamento, volendo allontanare qualsiasi utopia: “Se acquisiamo un atteggiamento critico e propositivo, otterremo credibilità davanti alle istituzioni e magari ci ascolteranno. Ma prima di qualsiasi cambiamento, ci vuole un dialogo: senza quello, non potremmo mai sperare di cambiare le cose”.
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