Migliaia di docenti delle università italiane non si arrendono alla guerriglia che da mesi va avanti contro il governo. Un nuovo sciopero è alle porte, i professori vogliono portare avanti la causa.
Negli scorsi mesi si è concretizzata la protesta portata avanti dai docenti universitari i quali invocavano il riconoscimento degli scatti stipendiali, protesta che ha portato importanti ripercussioni dal momento che in 72 università italiane moltissimi docenti hanno deciso di non fare esami durante la sessione autunnale partita il 31 agosto e chiusa il 31 ottobre.
Perché questo sciopero? Gli scatti stipendiali, congelati dal 2011 al 2014, sono già stati sboccati per altri dipendenti pubblici ma non per i docenti universitari che quindi ne chiedono lo sblocco per ottenerne ulteriori riconoscimenti giuridici con conseguenti effetti sulla pensione.
A scioperare sono stati in 11.250, molti di più rispetto a coloro che avevano sottoscritto la lettera di proclamazione dello sciopero, scatenando quindi un disagio in ambiente universitario che non aveva avuto precedenti se non negli anni ’70. Ma le richieste non sono state ascoltate, ecco perchè Carlo Ferraro – emerito del Politecnico di Torino a capo del Movimento per la dignità della docenza – dichiara che “se il governo non ci ascolta in sede di Finanziaria siamo pronti a un nuovo sciopero”.
Ma il mondo accademico adesso sembra non essere più tanto unito nel proseguire della causa. Ciò che però unisce i docenti sono alcune cause comuni tra le quali la richiesta di un aumento del fondo di funzionamento ordinario alle università, un piano straordinario di reclutamento dei ricercatori e investimenti sul diritto allo studio.
Il 6 novembre si terrà al politecnico un’assemblea nazionale per discutere sul destino della protesta e sugli obiettivi che il mondo universitario si pone.
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