È uscito lo scorso 31 agosto in tutte le sale cinematografiche italiane l’ultimo film-evento diretto, prodotto e sceneggiato da Christopher Nolan (già regista di capolavori del calibro di Inception o Interstellar), Dunkirk.
Sin dai primi minuti, lo spettatore comincia ad essere consapevole della portata colossale del film: un inizio silenzioso dà inaspettatamente spazio a colpi di proiettile a volume esageratamente alto, al ticchettio incessante di un orologio – presente per tutta la durata della pellicola – e alla corsa sfrenata del soldato Tommy (Fionn Whitehead), in fuga dalla morte.
Siamo nel 1940, dei sottotitoli in sovrimpressione ce lo spiegano; sulla spiaggia francese di Dunkerque, dopo l’invasione della Francia da parte della forza armata tedesca, si trovano centinaia di migliaia di soldati alleati sotto assedio e in attesa di evacuazione.
La sceneggiatura di Nolan, è quindi interamente dedicata all’Operazione Dynamo avvenuta durante la Seconda guerra mondiale. La particolarità dello sceneggiato, però, risiede nella tripartizione del punto di vista (aria, terra, acqua) e del tempo (una settimana, un giorno, un’ora); più che concentrarsi sulla trama, infatti, il regista londinese si è dedicato all’introspezione.
La quasi totale assenza di dialoghi rilevanti e la scelta consapevole di non caratterizzare i personaggi, permettono allo spettatore di immedesimarsi maggiormente nella storia e di concentrarsi sui protagonisti del film: il tempo e lo spazio.
Nonostante il focus sia quasi del tutto sul contesto più che sui personaggi, gli attori presenti in scena restituiscono allo spettatore importanti performance soprattutto emotive: Harry Styles (Alex) e Fionn Whitehead (Tommy) pur essendo al loro esordio sul grande schermo, riescono a cavarsela egregiamente, soprattutto perché l’intento di Nolan era quello di trovare attori giovani senza troppa esperienza e/o fama in modo da non ingaggiare un cast che “connotasse” in qualche modo il film.
Una settimana sulla spiaggia arida di Dunkerque, popolata da soldati senza speranze e da cadaveri che ritornano a riva per la marea; un giorno sulla barca del signor Dawson che, partendo dalle coste inglesi, tenta di recuperare quanti più soldati in pericolo e infine un’ora, a bordo di tre Spitfire a supporto delle truppe in difficoltà.
Il gioco tra lentezza e velocità, alternate, genera nello spettatore uno stato di ansia, paura e “elettricità”, perfettamente corrispondente allo stato d’animo di uno qualsiasi dei soldati in scena.
Ad amplificare la sensazione di inquietudine, entra in gioco un altro elemento fondamentale della produzione cinematografica di Nolan (ricordiamo per affinità la colonna sonora di “The Prestige”): la musica, come sempre affidata al celebre Hans Zimmer. È la loro sesta collaborazione.
Zimmer, utilizzando l’espediente della scala Shepard (esempio di canone eternamente ascendente), riesce a tradurre perfettamente le intenzioni di Nolan in musica: una scala viene suonata con intensità diverse su ottave differenti allo stesso tempo, creando un effetto appunto ascendente ma contemporaneamente indefinito, tanto da poter essere considerata un’ “illusione sonora”. Di pari passo alla musica, la trama segue un ritmo ben preciso: perseguendo il classico effetto “palla di neve” (per cui la situazione progressivamente si ingrandisce e la tensione aumenta,), il volume della musica si alza sempre di più e la storia comincia a velocizzarsi.
Per quanto riguarda gli effetti speciali, Nolan sottolinea come non sia stata usata la tradizionale tecnica del green screen, nella realizzazione del film: “Quando questi giovani sono sulla spiaggia e ci sono delle esplosioni stanno vivendo davvero quella situazione. Non c’è lo schermo verde. Ne fanno parte.”
Gli effetti speciali sono quindi assolutamente ridotti a favore del realismo: la produzione ha infatti utilizzato vere imbarcazioni e aeroplani d’epoca.
Christopher Nolan riconferma dunque il suo successo: Dunkirk è già campione di incassi in tutto il mondo, primo in classifica al BoxOffice e elogiato da alcuni tra più importanti critici cinematografici (Todd McCarthy, Peter Bradshaw, Robbie Collin).
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