Quali sono i punti di forza per arrivare a conquistare un ruolo, spesso lungamente ambito? Nel passato si mirava ad alti voti, curriculum impeccabili, università e scuole prestigiose. Oggi la tendenza è decisamente invertita. Il “quid” in più arriva proprio dalle proprie passioni ed hobby.
Ma non basta infarcire la propria presentazione di passioni per pensare necessariamente di spuntarla. Soprattutto conviene, prima di raccontare una tendenza, occorre essere competitivi. E la differenza, tra un candidato e un altro, si gioca ormai sui dettagli: sull’increspatura di voce al colloquio, che non è necessariamente un punto debole perché denota spontaneità, sulle esperienze all’estero. Sulla capacità di saper raccontare se stessi senza risultare artefatti, finti. Ci si guadagna un lavoro solo se si è pronti a mettere in gioco se stessi, risultare“nudi” davanti al recruiter, che ha pochi minuti per giudicare la tua stoffa per quel ruolo.
Un cacciatore di teste di alti profili manageriali racconta su Corriere.it come abbia appena selezionato per il ruolo di amministratore delegato un candidato per i suoi viaggi da ragazzo. Quest’esperienza lo aveva arricchito di qualità come coraggio, intraprendenza, risoluzione, capacità perfette per un uomo al timone di un’azienda. Queste scelte non sono più inusuali. E investono tutti i ruoli, le funzioni e i processi di selezione. Nel propendere per un manager piuttosto che un altro, o un semplice candidato, oggi quelle che gli anglosassoni chiamano “soft skills”: ovvero l’empatia, la capacità di comunicazione, di collaborazione. E’ facile quindi capire perché le esperienze, le passioni, il proprio bagaglio personale, giochino un ruolo fondamentale nella scelta.
Dunque, sono almeno due le reti di interessi e capacità che catturano l’interesse dei datori di lavoro: in primo luogo, l’interesse per discipline che indicano un interesse nel coltivare la pace e serenità interiore, magari proprio per rifuggire dallo stress lavorativo: lo yoga, il pilates e la meditazione. In secondo luogo, avere frequentato un corso di cucina ed essere capaci di allietare con le proprie pietanze gli amici a cena, o il proprio partner sono capacità che indicano spirito di apertura, premura e dedizione. Inoltre, essere bravi cuochi è utile per qualsiasi mestiere perché dimostra che il candidato è propenso a sperimentare e rischiare di fallire, che è paziente e accurato.
Tuttavia, come per ogni attività, bisogna far trasparire l’utilità di ciò che imparato. Come per ogni voce del cv, devi chiederti perché e come quello che fai potrebbe essere interessante per il selezionatore. Per esempio, se per un ruolo viene ricercata una figura meticolosa, bisogna sottolineare la cura nel preparare e servire un piatto. Preparare piatti prelibati può tornare utile anche quando ci si candida per un ruolo in cui è indispensabile essere multitasking: preparare e servire un pranzo per molte persone, rivela la capacità di gestire più pentole sul fuoco senza mai bruciare nulla, e uno spirito organizzativo più che utile al lavoro di squadra.
Ci sono almeno altri due aspetti, raccontano da Manpower (la multinazionale Usa del lavoro in somministrazione), che rappresentano un “plus” per il candidato: le passioni di nicchia che invece denotano precisione, attenzione ai dettagli, spirito di sacrificio. Chi ha l’hobby del bricolage e del giardinaggio ha invece un’estrema propensione ad aver cura di ciò che è intorno a sé. Infine il volontariato: chi impiega il proprio tempo per aiutare chi soffre o i più bisognosi, avrà sicuramente una marcia in più rispetto agli altri.
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