UNIVERSITÀ – Davigo agli studenti di Giurisprudenza: “Andate a studiare all’estero”.

Lectio magistralis di Piercamillo Davigo a Bologna. Il magistrato fa un quadro della situazione italiana per gli studenti di Giurisprudenza e, a malincuore, consiglia ai giovani di andare all’estero.

Piercamillo Davigo, presidente della II Sezione Penale presso la Corte suprema di Cassazione, ha tenuto una lectio magistralis alla Facoltà di Legge di Bologna per gli studenti del corso “Mafie e Anti-Mafie” della professoressa Stefania Pellegrini, sociologa del diritto. Noto per il suo stile provocatorio, Davigo, rispondendo alla domanda di uno studente, ha detto: “Il 93 per cento dei dottori in Giurisprudenza fanno gli avvocati, la metà di loro guadagnando meno di un call center.” Un mestiere, quello dell’avvocato, che secondo il magistrato, si sarebbe proletarizzato. A proposito della professione di magistrato, poi ha aggiunto: “Per conquistare uno dei 250 posti da magistrato si impiegano anni e anni di gavetta: una volta a 28 anni potevi già essere magistrato, oggi se ti va bene ci arrivi a 32-33 già stanco. Se siete pronti, questa è la strada che vi aspetta.” La situazione prospettata da Davigo non è di certo tra le più rosee, e conclude: “L’alternativa è andare a studiare all’estero ed emigrare. Mi rendo conto di dire una cosa disperata, ma questa è la situazione”.

L’Italia non è un Paese per giovani, si sa già da un po’ di tempo. I dati purtroppo lo confermano, soprattutto quelli sul lavoro e sull’emigrazione che, ogni anno, ci dicono che il numero degli italiani residenti all’estero aumenta sempre di più. Secondo l’ultimo rapporto della Fondazione Migrantes, dal 2006 al 2016, gli italiani residenti in Paesi stranieri sono passati da 3 a 4,8 milioni: un incremento del 54,9%. La maggior parte di questa percentuale è rappresentata da giovani tra i 18 e i 34 anni che, negli ultimi anni, sono stati quasi 40mila. A ottobre scorso, quando fu pubblicato il rapporto, il presidente Mattarella dichiarò: “Abbandonare il Paese è talvolta più un segno di impoverimento che non una libera scelta”.

È vero forse che la generazione dei Millennials è quella che, rispetto alle generazioni del passato, vede la mobilità internazionale in maniera positiva, un modo per arricchire il proprio bagaglio di esperienze, conoscere nuove culture e ampliare la propria rete di contatti. Ma è anche vero che, spesso, più che una scelta, quella di migrare è una vera e propria necessità: questi giovani, quelli definiti bamboccioni e choosy, non hanno alternative e piuttosto che rassegnarsi alla disoccupazione, preferiscono andare altrove. Il divario tra condizioni lavorative e possibilità di valorizzare il capitale umano, in Italia, è innegabile.

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