Sono tanti gli ambasciatori del siciliano, considerato dall’UNESCO un vero e proprio idioma, che sparsi in Italia e nel mondo fanno conoscere le sfumature di una lingua che deriva direttamente dal latino volgare. Eppure alcuni modi di dire sono errori per l’italiano standard, eccone alcuni.
“Mi accingevo a svolgere il test d’ingresso in un Ateneo emiliano, quando, istintivamente chiesi ad un responsabile se potevo ‘uscire i fogli’ dalla busta consegnataci. Chiaramente mi meritai un’occhiataccia e subito dopo compresi l’errore commesso” racconta una studentessa siciliana fuori sede. La confusione nell’uso dei verbi intransitivi come transitivi e viceversa è il must degli strafalcioni Made in Sicily, sempre che di strafalcioni si voglia parlare.
Gli isolani vi sono così abituati da non farci quasi mai caso, ma fuori casa si rischia un “capra!” o semplicemente l’ilarità generale. “Qualche tempo dopo – continua la nostra studentessa – chiesi ad un collega della residenza dove abitavo di ‘salirmi una sedia’ dal piano inferiore. E finimmo col ridere tutti”.
Tra i tormentoni segnaliamo quindi: “uscire il cibo dal frigo”, “scendere in Sicilia”, “salire a Milano”, “passeggiare il cane” oppure, nel caso di un transitivo divenuto intransitivo, “chiamare a qualcuno”.
Ma il problema verbale è ancora più evidente quando si tratta di modo e tempo. Come già, in chiave pessimista, aveva fatto notare Leonardo Sciascia, in siciliano non esiste il futuro. Allora accanto all’avverbio domani potremmo trovare il presente indicativo, ad esempio “domani sono impegnato tutto il giorno” invece di “domani sarò impegnato tutto il giorno”.
La questione si estende anche ai vocaboli. Al supermercato si chiedono le ‘buste’ anziché i sacchetti, a casa si riempiono gli ‘scatoli’ e non le scatole, i documenti li mettiamo nella ‘carpetta’ e non nella cartella.
Tutti questi modi di dire hanno un’origine antica e talvolta legata alle diverse zone dell’isola. La loro diffusione è dovuta non solo agli spostamenti dei siciliani, ma anche ai media e alla letteratura; questo è il caso di ‘vengo e mi spiego’ espressione presente nella serie dei romanzi di Montalbano, creazione del nostrano Andrea Camilleri. E chissà dove crede di andare chi parla.
Ovviamente anche i dialetti ‘su al Nord’ hanno introdotto i loro errori. Il più grave? L’uso disgiuntivo di ‘piuttosto che’, cioè con il significato di ‘o, oppure’ al contrario del corretto ‘anziché, invece di’.
E voi, cosa ne pensate? Che uso ne fate?
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