Essere nati in certo momento storico infatti condiziona il nostro modo di pensare, incidendo profondamente sul nostro comportamento. Diverse ricerche, dall’ambito del marketing a quello sociale, hanno individuato caratteristiche differenti per ogni generazione. A quale apparteniamo? O a quale ci sentiamo di appartenere?
La prima generazione è quella dei baby boomer, nati tra il 1946 e il 1964, un’epoca di grande incremento demografico (come suggerisce il nome stesso), quando negli USA sono nati circa 4 milioni di neonati. Sono persone ottimiste, indipendenti, spesso con un’istruzione medio-alta, concrete ed attente alla forma fisica. Oggi hanno anche una vita social: circa il 75% di essi è su Facebook, pubblicando post che talvolta vengono derisi dai giovani, ma hanno sperimentato (secondo alcune statistiche) anche il sexting – lo scambio di messaggi e immagini a contenuto sessuale. I figli dei baby boomer sono la Generazione X, persone con più master e lauree dei propri genitori ma che hanno ingnorato il cambiamento sostanziale del mondo: secondo le statistiche, sono i più apatici, i più letargici e molti di loro sono precari o disoccupati. Tuttavia non devono essere sottovalutati: appunto per queste caratteristiche, sono i più disposti a cambiare lavoro, i più adattabili e non dimentichiamo che sotto di loro sono nati Google e Yahoo. Grazie a costoro dunque sono nati i nativi digitali della Generazione Y, i primi nati con la tecnologia nelle mani, a non essere istruiti dai padri ma anzi sono loro stessi a farlo. Sono i cosiddetti Millenials, nati tra il 1980 e il 2000. Sono pigri, svogliati, tagliano molto tardi il cordone ombelicale, non pensando affatto a sistemarsi in fretta, anzi procrastinando continuamente essendo ogni giorno immersi nei loro smartphone. Sono infine poco o per niente interessati alla politica.
Ma a queste generazioni, che ci hanno caratterizzato fino a pochi giorni fa, se n’è aggiunta un’altra, di cui non è certo neppure il nome. La definiscono Generazione Z ed è quella delle persone nate dopo il 2000. Sono persone autonome ed indipendenti, incuranti di ciò che li circonda. Per loro tutto è dovuto essendo nati in un mondo che mette loro a dispozione iphone e computer già all’interno della stessa sala parto. Una ricerca del 2013 condotta da Ameritrade rileva che il 36% della Generazione Z negli Stati Uniti nutre profonda preoccupazione sulla possibilità di ottenere un grado di istruzione superiore e sul loro futuro. D’altro canto, sono i figli della recessione mondiale, nati in una società in cui nulla è più certo. Sono i più aperti perché i primi a vivere dibattiti e lotte come ad esempio per i diritti degli omosessuali o le stepadoptions. Vivono costantemente sui social, anche più della generazione che li precede, uscendo poco di casa e quando lo fanno vivono in un mondo tutto loro.
Queste ricerche ovviamente rischiano di generalizzare e schematizzare generazioni dalle caratteristiche ben più complesse, ma riassumono e schematizzano i cambiamenti che dal 1946 il mondo e le persone hanno vissuto, cambiamenti che ovviamente hanno influenzato tantissimo il nostro modo di pensare, di comunicare, di agire. Accanto alla definizione oggettiva della nostra generazione, determinata dal nostro anno di nascita, dovremmo però definire soggettivamente la nostra generazione, per comprendere anche a quale generazione ci sentiamo di appartenere. Per chi aspira ad aprire una libera attività, la scansione delle generazioni potrebbe risultare di primaria importanza, per determinare il carattere della clientela e gestirsi in base ad esso.
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