Calci, pugni, sputi e insulti di qualsiasi natura ma non solo; adesso si aggiungono anche foto e video che circolano su tutti i social network. Sono questi gli strumenti del bullismo, passato rapidamente, da “semplice” fenomeno di prepotenza e ostentazione di superiorità, a sinonimo di criminalità, fin troppo sottovalutato.
“Un comportamento bullo è un tipo di azione che mira deliberatamente a far del male o a danneggiare. […] Alla base della maggior parte dei comportamenti sopraffattori c’è un abuso di potere e un desiderio di intimidire e dominare”; questo è quello che scrivono due professori inglesi, Sonia Sharp e Peter Smith, in un saggio dedicato al bullismo, pubblicato nel 1995. L’azione del bullo non ha altre finalità, se non la cattiveria gratuita, la voglia di incutere timore e far capire che non esistono leggi, se non quella del più forte. E non importa nulla dello stato d’animo e della personalità della vittima; più danno si arreca, più il bullo può “vantare” il proprio potere. La violenza dei bulli è una delle più diffuse piaghe sociali degli ultimi decenni, generalmente associata al contesto scolastico e studentesco; ogni giorno, centinaia di episodi di bullismo si susseguono in tutta Italia ma solo alcuni di essi vengono denunciati, quando ormai è troppo tardi. Le statistiche parlano chiaro; poco più del 50% degli adolescenti italiani è vittima di simili episodi; nello specifico, la fascia più colpita è compresa tra gli 11 e i 13 anni (22,5%) e, tra gli studenti, subiscono principalmente i liceali (19,4%). Le forme dirette di bullismo, come le aggressioni, dominano tra i maschi (17%), mentre nelle ragazze il dato si attesta intorno al 14% (fonte ISTAT, dic.2015), ma i ragazzi che, per paura di ulteriori ripercussioni, non sporgono denuncia, rappresentano ancora oggi la maggior parte delle vittime.
Nel settembre del 2016, a Catania, due ragazzi di quindici anni vengono spediti in una comunità, accusati di bullismo, ma alle spalle, hanno un ampio “curriculum”, che include insulti gratuiti e minacce di morte ai danni di una ragazza loro coetanea, insulti xenofobi e razzisti verso ragazzi stranieri, pedinamenti continui e aggressioni ad un’altra persona, costretta a cambiare domicilio e scheda telefonica, e, per concludere, violenze su un coetaneo con gravi problemi fisici. Questo è solo uno dei casi tradizionali di bullismo, racchiuso tra le mura scolastiche e denunciato solo al momento del “troppo”.
Al giorno d’oggi, il bullismo si sta evolvendo al passo coi tempi, presentando nuove forme, tra cui il cyberbullismo, in grado di trasformare i comuni ed interattivi mezzi di comunicazione di massa, in autentici mezzi di “umiliazione personale”. Due ragazzi su tre affermano che il cyberbullismo è in crescita, in certi casi è anche più diffuso delle altre forme tradizionali, sopratutto grazie al massiccio uso del web e dei relativi strumenti; nove ragazzi su dieci, infatti, si servono di un telefono cellulare, sette su dieci usano Internet; percentuali alla mano, il dato delle vittime di cyberbullismo che hanno sporto denuncia si attesta al 5,4%; tra di esse, le ragazze costituiscono il 7,1%, mentre i ragazzi sono sono rappresentati dal 4.7 % (fonte ISTAT, dic. 2015). Cambiano i mezzi, ma l’obiettivo del bullo rimane lo stesso; umiliare, fare del male, imbarazzare la vittima con foto o video per poi rendere pubblica agli “spettatori della rete” la degradazione della stessa. Molti di questi video girano sul web, destando tanta curiosità ma ben poca indignazione; tra questi, pochi giorni fa ne è stato diffuso uno, che ritrae una studentessa di 14 – 15 anni mentre viene pubblicamente aggredita da una “bulletta” coetanea, che la insulta e la minaccia durante le percosse; il video è stato pubblicato dopo esser stato registrato dai ragazzi presenti alla scena, ma nessuno di essi ha aiutato la vittima. L’indignazione scatta solo al momento della visione su Facebook o altri socials, con inutili commenti di solidarietà, giovanile e non, che poco contano pensando all’indifferenza dei presenti.
La piaga del bullismo non si limita solo ad episodi di violenza fisica o verbale ma presenta allarmanti ripercussioni psicologiche sulla vittima, che nella stragrande maggioranza dei casi si addossa le responsabilità dell’accaduto, precipitando in una voragine depressiva da cui spesso fatica a rialzarsi. In questo contesto, c’è anche la paura a far da padrone; il timore di ribellarsi, denunciare, anche semplicemente intervenire durante la lezione in classe. È quello che racconta una studentessa di liceo, la quale afferma di esser stata vittima di insulti e accuse prima da un singolo elemento della classe, poi dagli altri “compagni”, che le impedivano persino di interagire con i docenti durante le verifiche, intensificando poi le offese con insulti di varia natura e gesti provocatori, senza che nessuno muovesse dito per difenderla o sostenerla davanti a simili episodi. Ed era difficile persino studiare a casa, tanta era la paura di non essere all’altezza, di relazionarsi con le persone, di sentirsi inutile, di non poter essere libera di esprimere la propria opinione.
Il dramma del bullismo prende sempre più piede in una società macchiata dall’ipocrisia e dall’omertà; e così, nulla ferma i prepotenti, senza limiti e senza rispetto, neanche per le persone più grandi, o perfino degli anziani, come accaduto recentemente a Siracusa, in cui un gruppo di ragazzi ancora non identificato, ha preso di mira un ottantenne, prima minacciandolo, poi aggredendolo e infine dandogli fuoco, rischiando persino di ucciderlo “per semplice sfizio e divertimento personale”
Ma in tutto questo, le autorità dove sono? Solo con l’intensificarsi delle lamentele e delle accuse da parte delle vittime, il governo si sta attivando contro la diffusione del bullismo attraverso un disegno di legge, che, nel settembre scorso, ha ottenuto un primo “ SI “ alla Camera dei Deputati; una legge che, sulla carta, porterebbe ad un aumento delle sanzioni per i bulli (partendo dall’ammonimento del Questore per arrivare alla reclusione) e dei controlli sulla rete internet, con apposite restrizioni, per tentare di arginare la diffusione del cyberbullismo. Nella proposta di legge, inoltre, si prevede più attenzione agli alunni delle scuole (con l’istituzione di un “docente anti-bullo” ) e con il prosieguo di attività di sensibilizzazione rivolte a studenti e docenti. E’ stato anche comunicato, dalla presidente della Camera Laura Boldrini e dal ministro della pubblica istruzione Stefania Giannini, l’attivazione di un piano di prevenzione statale contro il bullismo, che prevede numerose iniziative di sensibilizzazione sul territorio nazionale, rivolte a giovani e studenti.Tra le altre istituzioni, anche la Polizia di Stato continua la propria campagna contro il bullismo; ad esempio, la questura di Catania ha confermato la programmazione di attività per le scuole che diffondano il messaggio di rispetto e giustizia che questo fenomeno continuamente mette in discussione.
Anche i tanto discussi social network si sono attivati contro il bullismo; basti pensare alle restrizioni attivate da Twitter per prevenire la diffusione di post che inneggiano alla violenza e al bullismo, o Facebook, che ha annunciato la creazione di una piattaforma interattiva mediante la quale, non solo le vittime di bullismo ma anche genitori e docenti possono ricevere ulteriori consigli su come affrontare il problema e a chi rivolgersi. Sugli stessi social network, inoltre, da qualche giorno circolano brevi filmati amatoriali, realizzati da importanti artisti italiani, come Fiorello o Jovanotti, che hanno preso parte ad una iniziativa chiamata Scream Challenge ; in questi video, gli artisti si divertono ad urlare in vario modo, lanciando di volta in volta la sfida ai colleghi con delle “nominations”, promuovendo così un progetto nazionale, chiamato Blasteem, il cui obiettivo è promuovere l’urlo di denuncia e protesta contro questi episodi di violenza che troppo poco spesso si ode dalle vittime.
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