Studentessa catanese scrive a Renzi: “Facciamo 100 scuole, non la Buona scuola”

Una lettera per passare dalla Buona scuola a cento scuole. È questa l’idea di Giulia Costanzo, studentessa dell’Università di Catania, che ha deciso di scrivere al premier Matteo Renzi. 

Alla cortese attenzione del presidente del Consiglio: Matteo Renzi,

chi scrive è una studentessa alle prese con il secondo anno di Lettere moderne a Catania.

Si, quella famosa Catania che oggi fortunatamente sta riacquistando valore, nonostante i numerosi deterrenti, di certo non grazie alle felici scelte del Governo o ad una rivalutazione del meridione d’Italia. In futuro vorrei diventare una giornalista o in ogni caso ricoprire un qualsiasi ruolo che mi consenta di adoperare uno dei doni più preziosi che ho ricevuto nella mia vita: la scrittura.

Per mezzo di essa oggi potrei fare una lunghissima filippica di come noi “terroni” siamo stati brutalmente abbandonati per il triste destino che ci vede associati ad organizzazioni mafiose, come se la criminalità nel resto della penisola non fosse ugualmente presente, ma oggi voglio sfruttare la qualità migliore dell’ars scribendi, quella nobilitante che da secoli affascina l’uomo, una potenzialità maieutica ed edificante.

In questi giorni, pur non militando in alcun gruppo politico in sintonia con il PD, ho preso parte alla Festa dell’Unità, che quest’anno è stata ospitata dalla mia città e pertanto ritenevo fondamentale per la coscienza civica di una ragazza di 21 anni non “farselo raccontare”. Di particolare scalpore è stata la protesta nei confronti della riforma scolastica che dovrebbe venir approvata a breve, per cui i precari meridionali realmente interessati ad un posto di lavoro, dovrebbero abbandonare vita ed affetti in virtù delle possibilità lavorative al settentrione.

Ritenendo snaturale sradicare intere famiglie al fine utilitaristico del guadagno ma al contempo comprendendo le necessità, mi sono domandata come effettivamente si possa venire a galla in una situazione così estenuante che accomunerà anche i miei colleghi, futuri insegnanti un giorno, soprattutto governo volendo.

Tramite la scrittura potrei, come già detto, elencare tutte le mancanze: dai plessi non conformi pur essendo una regione ad altissimo rischio sismico, agli strumenti didattici del tutto carenti, eppure oggi qui in questa umilissima epitola ciò che tengo a sottolineare è una proposta un po’ provocatoria.

Una sfida che le lancio, presidente, al posto della #buonascuola vorrei rilanciare con #100scuole.

100 che ricalchi i 10, 100, 1000 passi di distanza dalla brutta macchia mafiosa, 100 che sia il numero di nuove scuole distribuite in tutta la penisola a seconda delle esigenze. Ma dove prendere queste 100 scuole?

Le spese saranno innumerevoli (sicuramente inferiori dell’inutile esborso per lo scorso referendum del 17 aprile) starà pensando, ma sempre dal mio umilissimo cantuccio avrei meditato una possibile chiave di volta: perché non rivalutare edifici abbandonati nelle città,  soprattutto nei quartieri meno abbienti, dove  si suole fuggire per evitare i teppistelli ma non si fa nulla per comprendere cosa spinge questi ragazzi tra le braccia della delinquenza?

D’altronde diciamocelo francamente, tutti questi strumenti telematici, ebook, portali online, lavagne elettroniche saranno sicuramente belli, innovativi etc ma fino ad oggi l’istruzione non ha avuto eccellenti risultati con i materiali base che hanno educato me, i miei genitori, i miei nonni, Lei e tutte le personalità illustri che fanno brillare il nostro Bel Paese?

Ai posteri l’ardua sentenza, non prenda il mio gesto come un atto di superbia o di tracotanza, ci rimettiamo nelle sue mani, ma non le baciamo, perché siamo stanchi della nostra nomina e siamo ancora più stanchi della triste eredità che ci ha lasciato.

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