Tinder cataloga i suoi utenti e sceglie i potenziali partner: ecco i parametri del sistema Elo

I ritmi social del mondo moderno ci hanno abituato a fare quasi qualunque cosa in rete. Così, i nostri problemi, nonostante siano spesso molto reali e poco virtuali, vengono affidati ad app e servizi web, e le soluzioni che essi ci offrono sono, a volte, così convincenti da renderci avvezzi a questo sistema. Come conseguenza, ci interroghiamo poco in merito alle sue dinamiche.

Raramente, ad esempio, prima di metter mano allo smartphone ci chiediamo quanto questo semplice gesto ci renda tracciabili o in che misura la rete possa sorvegliarci e prendere informazioni su di noi. Questa misura è, però, in realtà, molto più grande di quello che immaginiamo. A confermarcelo ancora una volta, è un’inchiesta che il magazine statunitense Fast Company ha condotto su Tinder, famosa app di incontri, occasionali e non.

Sembra, infatti, che Tinder non sia una semplice app, ma un vero e proprio cervellone dotato di capacità analitica e di  autonomia decisionale, doti correlate alla presenza di Elo, un noto sistema matematico proveniente niente poco di meno che dal mondo degli scacchi.

Da più di quarant’anni, infatti, la Federazione Internazionale degli Scacchi si avvale di Elo e del suo algoritmo per determinare la forza relativa dei giocatori. Questo vuol dire che, come avrete ormai capito,  per mezzo di Elo, Tinder analizza e cataloga i suoi utenti, creando una vera e propria classifica di “giocatori” degli incontri. Questa classifica è ovviamente top secret per gli utenti stessi, ma va da sé che lascia molto poco spazio al destino.

A determinare i partner potenziali che incrocerete durante l’utilizzo dell’app è una serie di parametri, che permettono al sistema di confrontare il vostro punteggio ed associarvi facendo uso di un metodo burocratico, freddo e, probabilmente, agli occhi di qualcuno, anche un po’ dispotico; ma del resto parliamo di un cervello virtuale imparziale e privo di emozioni.

Ma, badate bene, quando parliamo di una classifica non ci riferiamo semplicemente ad un punteggio derivato dalla bellezza. Il Ceo di Tinder Sean Rad ha, infatti, dichiarato che l’algoritmo analizza ovviamente  l’attenzione che gli altri ripongono su di noi, ma si occupa anche di altre cose: valuta il nostro profilo, monitora quanto tempo passiamo ad usare l’app e, soprattutto, conteggia le interazioni che abbiamo ottenuto, specialmente quelle con soggetti dotati di un punteggio più alto del nostro. Insomma, proprio come nella realtà, a rendere bello un vestito è anche il modo in cui lo si indossa e a definire il nostro Tinder score è, nella totalità, la nostra capacità di gestire immagine e reputazione social, nonché di riuscire ad accattivare gli altri, qualcosa che, in fondo, non è poi così differente da quello che accade nella vita reale.

Ma Jonathan Badeen, co-fondatore di Tinder, ci tiene a mantenersi nell’ambito virtuale, paragonando la metodica del sistema, più che alla vita reale, al videogioco Warcraft, nel quale i personaggi possono aumentare i propri punti esperienza stringendo relazioni e avendo interazioni con altri personaggi più importanti di loro nel gioco.

In ogni caso, similitudine virtuale o no, i veri nodi della questione, ossia i dubbi generati da un sistema simile in termini di privacy e gestione delle informazioni personali, nonchè della correttezza intrinseca di un app di incontri in grado di discriminare in modo arbitrario fra i suoi utenti, rimangono sicuramente solidi e del tutto reali. E voi che ne pensate?

Daniele Di Stefano

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